FERROVIE DELLO STRACCIO ALTRO CHE DELLO STATO

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Ferrovie dello Straccio altro che dello Stato!” era la frase che mio padre sovente usava pronunciare per ben identificare l’amarezza dei suoi ultimi giorni di lavoro, prima di congedarsi per pensione dalla Ferrovia. Un’amarezza dettata dall’aver visto progressivamente distruggere l’efficiente trasporto merci delle FS, con numerosi camion e furgoni per consegne anche a domicilio, da Dirigenti FS che lavoravano per rendere appetitosi i corrieri privati di consegne nel frattempo nati. Corrieri spesso amministrati e fondati da ex dirigenti FS andati in pensione sfruttando la legge clientelare e Democristiana dei 36 anni, 6 mesi e 1 giorno di lavoro complessivi per congedarsi.

Due generazioni, mio padre e mio nonno passati, per poco meno di un secolo, quotidianamente a fianco di quei binari e di quelle macchine che tanto hanno contribuito allo sviluppo del nostro paese. Un pezzo di storia spesso dimenticata e superata da “emblema e simbolo di progresso”, dalle autovetture e dall’aereo. Entrambi profondamente inquinanti ma eretti a status symbol di libertà e di ricchezza.

Ricordo sin da piccolo in spiaggia mia madre che ci invitava con mio fratello a salutare “Papà che passa” ad ogni treno che sfrecciava lungo i binari collocati proprio lungo la spiaggia ligure. Un gioco allegro che forse nascondeva e scacciava, soprattutto per mia madre, la malinconia dell’assenza di un padre che “doveva lavorare per mandare in vacanza tutti gli altri”.

Da qui forse il mio amore per quel serpente colorato e rumoroso, per quella “grande e veloce motriceguidata dai binari che appena mi è possibile voglio ancora cavalcare per farmi condurre, a volte osservando dai suoi grandi occhi trasparenti il mondo che sfreccia al suo fianco, verso luoghi anche non solo lontani. Località da raggiungere senza file chilometriche di auto e tempi mai certi che divorano parte della tua vita in attesa di una meta a volte seriamente ed inutilmente raggiungibile.

Se a volte la premessa è il contenuto, forse sarà meglio comprensibile la forte critica rivolta proprio a quel servizio ferroviario che continua a deludermi e a deludere profondamente tutti gli utenti. Un parere scevro di fraintendimenti: non sono mai stato a busta paga da lobbies delle autostrade ne di compagnie aeree. Ma figlio di un’amarezza accumulata dopo l’ennesimo fine settimana passato avvolto nel totale disagio. Un odissea e una mancanza di rispetto dei dirigenti FS, perpetrato e rivolto ai suoi viaggiatori, che soprattutto non si meritano.

In questi ultime settimane io e mia moglie, abbiamo accumulato più richieste di rimborso che viaggi fatti senza problemi e ritardi. Rimborsi parziali a cui si sommano ulteriori perdite di tempo per compilare burocraticamente le richieste di rimborso. Rigorosamente presentabili non prima delle 24 ore.

E’ bene che i dirigenti FS e il Governo, comprendano che, come altri utilizzatori, siamo disposti a versare per avere “servizio” e non ci interessa viaggiare “in disservizio” e spostarci con tempi indefiniti. Né ricevere una sicura riduzione di costi, come scusante giustificativa “del sistema trasporto privatizzato FS”.

Subito una commissione d’inchiesta
L’apoteosi questo fine settimana che non solo ha bloccato il collegamento lungo la penisola nel tratto Napoli-Milano ma ha seriamente messo in dubbio la sicurezza dei suoi viaggiatori. Altro non è possibile dire quando ad un treno appena partito ad Alta Velocità, deraglia in galleria l’ultima carrozza. Deraglia, ovvero scivola fuori dai binari. E se fosse avvenuto ad alta velocità?

E’ necessario subito una commissione d’inchiesta ispettiva del Ministero dei Trasporti. Va immediatamente attivata un’indagine che identifichi anche in modo determinato il volume e le motivazioni degli incidenti che anche nei mesi precedenti hanno provocato rotture e ritardi.
E meno male che non è avvenuto nei pressi di Torino altrimenti politologi da mercato del pesce e Dirigenti FS di proficuo stipendio, avrebbero fatto a gara ad incolpare i NO TAV di una pericolosa azione di protesta.

Il dubbio, invece, è da rivolgere verso un possibile sistema di manutenzione, figlio dell’aumento dei profitti a discapito della sicurezza, che non può che stimolare molte domande a cui qualcuno deve dare risposta. Se quel treno è deragliato per il bloccaggio di un assale o per un cedimento strutturale, noi utenti e cittadini, lo dobbiamo sapere. Bruciano ancora le ferite e i morti del tremendo incidente con fuoriuscita di gas che ha bruciato vivi inermi cittadini di Viareggio il 29 giugno del 2009 per cui nessuno ha pagato.

Il calvario dei viaggiatori trattati neanche come consumatori
Ma proviamo ad analizzare la giornata di ieri vissuta personalmente, tenendo conto che il conteggio dei tempi, non sono una malizia perfezionista.

Alle ore 10.10 di sabato 4 giugno arriva un SMS (ottimo servizio penso) che informa mia moglie che il nostro treno, previsto per le ore 19.11 potrebbe partire con circa 90 min. di ritardo “per possibili disservizi sulla linea”.

Alle ore 11.00 ci rechiamo alla stazione Termini per deporre la valigia al deposito bagagli attendiamo una fila di 35 min. e una spesa complessiva di 8 euro per un periodo di 8 ore.

La gente già affollava gli uffici preposti.

Dopo aver visitato la zona ed aver pranzato nei pressi della stazione Termini, decidiamo di chiedere maggiori informazioni allo sportello a selezione elettronica, allestito da tempo al servizio dei clienti FS.

Da subito ci accorgiamo che le persone sono moltissime perché il tabellone evidenzia numerosi treni soppressi. Prendiamo il nostro biglietto alle ore 15.43 (Numero IO776) e pazientemente attendiamo. Alle ore 16.25 (ovvero dopo 42 min.) chiamano il numero IO719.

Decidiamo, per non passare tutto il pomeriggio in fila, di entrare nel portale on line delle FS alla pagina delle informazioni sull’andamento dei treni, dato che il nostro treno (n° 9560) era partito da Lecce al mattino. Da questo riceviamo l’informazione che il treno aveva solo 9 min di ritardo.

Comprendiamo che il problema molto probabilmente era da quel punto in poi e allora decidiamo di continuare il pomeriggio, come previsto, partecipando alla manifestazione contro la Guerra e per i diritti del popolo Kurdo.

Alle 18.30 rientriamo in possesso del nostro bagaglio ci avviciniamo al binario, fieri della giornata e felici del treno AV che ci attendeva. Anche perché il portale on line FS segnalava, per il nostro treno, ancora solo 10 min di ritardo.

Il nostro sogno però s’infrange poco dopo, sul tabellone delle partenze: ritardo segnato 60 min.

Decidiamo di andarci a sedere ma ahimè, sono state, in questa stazione come in altre d’Italia, tolte le panchine e le sale d’aspetto pubbliche. Una sorta di punizione verso gli ultimi della terra che deve inesorabilmente punire tutti ma soprattutto far risparmiare la proprietà, nella gestione della struttura.

Chiediamo informazioni e ci comunicano che se abbiamo però la Carta Freccia possiamo accedere a una specifica sala, condizionata e comoda.

La tessera non era fisicamente con noi ma ci ricordiamo il numero e così chiediamo, alla porta automatica della sala, di poter utilizzare l’opzione con digitalizzazione del numero di serie della Carta Freccia. L’acceso ci viene negato perché “la funzione è prevista ma non attualmente funzionate”. Tra i vetri tappezzati di pubblicità di quel servizio offerto, osserviamo che la sala, al suo interno è deserta. Ci guardiamo negli occhi e proseguiamo.

Torniamo nei pressi dell’ingresso della zona dei binari, luccicante di negozi e luoghi di consumo che nulla hanno da invidiare a qualsiasi centro commerciale di qualsiasi mondo conosciuto dall’uomo. Decidiamo di sederci per terra ed attendere “la chiamata” dal tabellone o dal incomprensibile altoparlante.

Da quel momento il ritardo comincia ad accumularsi sino a raggiungere la bellezza di 85 min.

La profezia SMS delle ore 10.10 rende reale ciò che sarebbe apparso irreale ai normali di un paese organizzato.

Riusciamo a salire sul treno, nonostante l’entrata automatica ai binari non riconosca il nostro barcode per l’apertura delle porte e un annoiato operatore di servizio, senza neanche controllarci il biglietto ci fa entrare da una porticina a latere. Meno male che non avevamo cattive intenzioni…

Si parte: sono le ore 20.25

Arriviamo a Bologna alle ore 22.59. Il che significa che perdiamo la coincidenza delle ore 22.30 che doveva condurci a Modena. Prossimo treno: 00.46

La stazione di Bologna è meno viva di una città sotto assedio pandemico.
Notiamo però numerosissimi poliziotti di varia natura: Polizia Stradale, PolFer e personale di Sicurezza FS. C’è da star tranquilli, verrebbe da pensare anche se i dubbi ci assalgono…e allora riproviamo con la ricerca della sala d’aspetto che, nonostante il triste ricordo di una vigliacca strage fascista, rimane attiva con la sua breccia creata nel muro dall’esplosione.

Altro fallimento: la sala chiude alle ore 22.00 sino al mattino alle ore 9.00. Senza neanche un apertura automatica.

Decidiamo di recarci allora in bagno per scaricare, almeno in una parte di noi, l’ennesima estenuante ulteriore minima ora di attesa. Ma anche qui, non si va in bagno senza pagare: 1 euro a testa nonostante si ha in mano due biglietti da oltre 100 euro. Mano al portafoglio ed entriamo…

Liberati ma prigionieri di un sistema che dovrebbe incentivare il disuso dell’autovettura e di mezzi altamente inquinanti, ma che in realtà è costruito proprio per ottenere l’effetto contrario, torniamo a girovagare per la stazione.

Su un binario semi abbandonato nella parte ovest della stazione troviamo due cimeli della storia in altre moderna: una panchina creata scomoda e senza schienale proprio per sconsigliare di sedersi.
La conquistiamo e nell’immediato vediamo, nel binario di fronte, arrivare tutte quelle forze dell’ordine che avevamo notato sparse a girovagare per la stazione.

Accertato e tranquillizzati che non eravamo noi l’oggetto dell’azione, osserviamo che montano affannosamente transenne e barriere. A lavoro ultimato arrivano, come comparsi dal nulla, una decina di ragazzetti e ragazze con maglie blu della nazionale di calcio in attesa dei loro eroi. Un miraggio che non li ha fatti attendere troppo.

In uscita da un pullman blu “nazionale”, avvistiamo moderni gladiatori strapagati che con passo svelto scendono i gradini verso il binario del treno Alta Velocità che li dovrebbe condurre a Roma.

Poveri loro – pensiamo guardandoci negli occhi – e quando arrivano…. Giusto così – riflettiamo – non sono riusciti neanche a classificarsi per i mondiali…”. La voglia di vendetta era tanta.

Ore 00.43 i ragazzetti ci raggiungono sul treni in procinto di partire per Modena. Gli chiediamo:
Quanto hanno fatto?”
Uno pari – mi risponde un eccitato magrolino – ma, giocavamo contro la Germania! – gli fa eco un altro paffutello.
Io e mia moglie ci guardiamo nuovamente negli occhi e senza parlare pensiamo:
Che giornata del tutto inutile…”.

Ore 2.10 spegniamo la luce non senza augurarci almeno “Buona Notte!”.