A Carpi 26 antifascisti il 23 aprile prossimo subiranno un processo per aver pacificamente intonato canti della Resistenza in una riunione pubblica definita non autorizzata.
C’è il rischio concreto che siano condannati dal Tribunale di Modena, in base all’applicazione dell’art. 18 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, emanato durante il regime fascista e in contraddizione con la libertà di riunione e di espressione sancite dalla Costituzione italiana. Condannati per aver cantato “Bella ciao”, nel 2017, difronte ad un presidio di Forza Nuova, applicato utilizzando le misure repressive ereditate rispettivamente dal regio decreto del 1931 e dal Codice Rocco di epoca fascista.
Da qui, la mobilitazione di ieri e la presenza della redazione di AlkemiaNews in un giorno di mobilitazione antifascista così importante.
“Questa mobilitazione nasce infatti, dalla necessità di denunciare alcuni fatti che a seguito di incresciosi azioni di revisionismo storico autorizzati dalle Procure e dai governi che si sono susseguiti negli ultimi anni, sono successi a Carpi come in altre parti del paese”.
A parlare sono i militanti di carpiantifascista (2) e non solo attraverso un documento chiaro e diretto mandato in rete (3).
foto Mirca Garuti
Anche Potere al Popolo, presente in quella piazza e sostenitore attivo della mobilitazione, non si esime dall’affermare che:
“Azioni indiscriminate usate parallelamente contro gli antifascisti mobilitati e contro i lavoratori in lotta per denunciare modalità “al limite del legale” di sfruttamento e di caporalato applicato soprattutto ad un popolo d’immigrati che a causa di una legge razzista, subisce il ricatto della sottomissione, pena l’espulsione per decreto e la condanna alla povertà nel loro paese di provenienza”.
Non è un caso se, oggi a Modena, sono sotto processo oltre 500 lavoratori. (4) Un numero che, in questa città, medaglia d’oro alla Resistenza, non ha conosciuto neppure durante le lotte degli anni 50′. Una similitudine però assai sorprendente.
“…Tra gli anni 1947 e 1949, nella sola città di Modena erano stati arrestati 485 partigiani per vicende legate alla lotta di liberazione, mentre circa 3.500 braccianti agricoli erano stati denunciati per l’occupazione delle terre. Nello stesso periodo, gli industriali di Modena iniziarono una politica di aumento della produzione finalizzata all’esportazione, il che però presupponeva la drastica riduzione del salario degli operai. Al fine di azzerare le resistenze dei lavoratori e dei sindacati, le aziende iniziarono a licenziare gli operai, soprattutto quelli legati al sindacato e ai partiti politici di sinistra, e a compiere numerose serrate. Inoltre, al fine di indebolire ulteriormente il potere contrattuale di sindacati e “commissioni interne”, introdussero una maggiore disparità salariale, legando massicciamente la retribuzione operaia alla produzione. Infine, iniziarono a chiedere la collaborazione delle forze dell’ordine per impedire forme di protesta come picchetti o altre manifestazioni: in appena due anni la polizia era dovuta intervenire 181 volte per sedare conflittualità sul posto di lavoro. Il 9 gennaio 1949, esattamente un anno prima della strage, si svolse a Modena una manifestazione sindacale in piazza Roma, durante la quale il segretario generale della Cgil Fernando Santi condannò la condotta antisindacale della fonderia Valdevit e della carrozzeria Padana, che avevano portato a licenziamenti e serrate. Concluso il comizio, iniziò un inesplicabile e violentissimo scontro con la Polizia di Stato.
A Modena, dalla fine degli anni 40 alla metà degli anni 50, nonostante un ininterrotto clima antisindacale si perdevano complessivamente più di 1200 posti di lavoro” (5)
In effetti qualcosa di grave sta succedendo in questa provincia ed è incomprensibile come le forze politiche che governano possano tollerare che, degli uomini e delle donne, indipendentemente della loro provenienza, siano considerate solo braccia da lavoro. E contemporaneamente, come sia necessario denunciare ed impedire, anche con le mobilitazioni, che la nostalgia di un oscuro passato, fatto di repressione e di limitazione dei diritti umani e politici, possa costituire l’asse portante del nuovo pensiero capitalista e liberale di questa nazione.
A Modena come abbiamo già ribadito, il lavoro rischia di trasformarsi veramente nel “problema lavoro” sia per la sua mancanza ma soprattutto per la sua reale precarietà che il covid19 non ha certamente aiutato. Proviamo ad immaginare cosa accadrà quando Confindustria otterrà la possibilità di licenziare. Forse già dalla fine di giugno, se il piano vaccinale sarà concluso e ci saranno veri segni di possibile liberazione dal contagio.
Del resto, in questa provincia, la situazione non sta migliorando.
Dalle carceri (6) alle fabbriche. Dall’inquinamento dell’aria, che viene totalmente ignorata anche in occasione del recovery-fund che avrebbero potuto sostenere progetti innovativi (7), alla finta tutela ambientale che continua a divorare territorio (8).
Per questo, quello che è avvenuto ai 26 antifascisti non può essere considerato un singolo episodio ed è bene comprendere che se si vuole stabilire il rispetto della legalità, le Procure italiane e le forze politiche parlamentari ricordino che l’Italia è una Repubblica nata dalla lotta alla dittatura fascista e che la Giustizia e sicurezza reale, richiesta dai cittadini, è ben altra cosa.
Noi viviamo in una Repubblica Costituzionale a cui entrambi, politici e forze dell’ordine, hanno giurato di servire e rispettare e con una Costituzione che definisce illegale la ricostituzione delle organizzazioni di matrice fascista. Ma non solo, esprime chiaramente il diritto dei Democratici e quindi degli antifascisti di agire in sua difesa. In quell’azione pacifica dei militanti antifascisti erano contenuti gli stessi valori di unità che ha permesso di liberarci dal dominio fascista in questo paese. Valori che abbiamo soprattutto il dovere di rilanciare e difendere.
Qui non si tratta di esprimere una forma retorica di rivendicazione, casomai la retorica, se esiste, la fanno gli altri quando pretendono di sdoganare il fascismo come un onorevole passato nazionale.
Una revisione politica storica del pensiero socialista che ha avuto inizio con Luciano Violante quando, nel suo discorso d’insediamento a Presidente della Camera nel 1996, parlò “della capibile scelta dei ragazzi della Repubblica di Salò”(9). E che ha condotto il più importante partito della sinistra italiana, lungo questi anni, a condannare anche moralmente i lavoratori in lotta per i loro diritti. Come ha fatto in occasione della vicenda Italpizza.
E’ per questo, che a noi come a tutti i democratici antifascisti, interessa soprattutto parlare delle nuove e vecchie facce del fascismo che ancora oggi permeano all’interno del nostro pensiero politico e sociale. E questo, saremo veramente in grado di farlo solo se, riusciremo ad evidenziare le profonde differenze che esistono tra una società democratica e una dittatura. Tra i valori di una Costituzione mai integralmente applicata e il suo continuo attacco a cui è sottoposta.
Un militante antifascista e difensore della libertà di opinione e di vita, deve imparare innanzitutto a riconoscere e combattere il nuovo fascismo che questa società esprime e non scimmiottare la cacciata dei fascisti dalla piazza. Ma agire ogni giorno in ogni luogo rilanciando quei valori che possono rendere grande ed includente questa società.
Contemporaneamente però, è soprattutto bene che questa società, compreso soprattutto la parte antifascista istituzionale come l’ANPI o ARCI etc, sia consapevole che essere fascisti oggi non necessita della rappresentazione coreografica di retaggi dittatoriali e repressivi, ma si nutre di azioni e pensieri ben definiti e trasversali tra tutte le forze presenti ora in parlamento. Dal decreto Sicurezza Minniti (di sicurezza integrata e “D.A.SPO. urbano”) (10) alla nuova Circolare di Pubblica Sicurezza da poco emanata dal prefetto Gabrielli (11).
Azioni quotidiane che abbiamo provato ad elencare (12) e che identificano chiaramente come riconoscere oggi, un fascista o un pensiero fascista.
Perché, l‘antifascismo non si processa, ma è Fascista, soprattutto chi afferma che, “il fascismo non esiste più o è una cosa da vecchi nostalgici”, mentre è ormai nel pensiero a volte inconsapevole, di una buona parte di questa società.
1 – Foto di Mirca Garuti. Manifestazione di Carpi 17 aprile 2021
2 – https://www.facebook.com/CarpiAntifascista/
3 – www.alkemiachannel.com/Appello_17Aprile2021.pdf
4 – http://alkemianews.it/index.php/2021/03/05/86-lavoratori/
6 – http://alkemianews.it/index.php/2021/03/13/9-morti-carcere-santanna/
8 – https://webbook.arpae.it/indicatore/Consumo-di-suolo-00001/?id=ef258eb9-6369-11e5-bf2c-11c9866a0f33
10 – https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/d/5424-il-decreto-minniti-sicurezza-integrata-e-daspo-urbano