Gli Antifascisti di Carpi sono a processo due giorni prima della festa di liberazione dal fascismo.
Già sabato 17, nella piazza dedicata proprio ai martiri di quel regime, si era urlato tutto il dissenso per quel processo che vede imputati 26 antifascisti (1). Non solo militanti ma anche democratici cittadini che hanno osato esprimere, nell’agosto del 2017, tutto il loro dissenso per un presidio di Forza Nuova. Un processo che, proprio dal contenuto dell’arringa finale del Vice Procuratore Onorario Federica Benati, veniva chiaramente espresso il ruolo repressivo di quell’udienza.
Era passato poco tempo dall’ultima volta che ho assistito ad un processo che affonda le sue radici culturali e politiche nel passato. Fu in occasione del procedimento a carico dei 500 lavoratori in lotta per i propri diritti (2). Sempre in quell’aula e sempre con lo stesso giudice Dott. Francesco Cermaria. E forse è stato anche per questo, che rientrare in quell’aula aveva una strana sensazione.
Sapevo che tra quelle mura la Giustizia degli uomini avrebbe dovuto ispirarsi ai valori di equità e rispetto che la nostra Costituzione esprime, linee guida e principi scritti con il sangue dei caduti democratici ma, anche questa volta, temevo che ciò potesse non accadere. In quell’aula vuota d’imputati, pubblico e giornalisti stava per andare in scena un processo che era necessario raccontare.
Necessario il ricorso alla condanna
La natura di questo procedimento è legato ad un ricorso che i 26 imputati antifascisti hanno presentato difronte alla consegna, nel maggio 2018, di una sentenza emessa con “Decreto penale di condanna inaudita altera parte” (3). Ovvero una condanna in assenza di processo e ascolto delle parti. Pena: 1 mese di reclusione che sarebbe stata trasformata automaticamente, se accettato, in una riduzione della sanzione a 15gg, commutata poi in un’ammenda. Una condanna che giustamente gli Antifa carpigiani non potevano accettare, non solo per la natura con cui, ad insaputa dei condannati era stata emessa ma, anche per l’alto valore antidemocratico che questa esprimeva. Va sottolineato anche che, se formalmente una condanna con Decreto penale di condanna inaudita altera parte non lascia traccia nel casellario giudiziario, è anche sì vero che questo vale per la sola richiesta avanzata da parte di privati ma non per lo Stato o per gli enti pubblici in genere.
Il procedimento
I testi erano stati già sentiti nell’udienza precedente dove era emersa da subito, la volontà di colpire chi aveva osato esprimere pubblicamente il suo parere.
Bastava ascoltare la frase iniziale della Dott.sa Benati, “Il delitto penale vive nel fatto”, per comprendere la base d’accusa su cui si strutturava il procedimento.
Questo atteggiamento sarebbe chiaramente riscontrabile anche nel fatto che a una testimone, che aveva dichiarato di aver cantato quel giorno solo “Bella Ciao” insieme ai manifestanti, veniva commutata la sua testimonianza in imputazione. Capo d’accusa: la volontà organizzativa, come per gli altri imputati, della manifestazione non autorizzata. Azione ribadita contro il teste, anche in questa udienza, proprio dal PM durante la fase finale della sua relazione.
Il Pm inizia la sua arringa illustrando gli schieramenti presenti quel giorno. In particolare sostiene che i il gruppo degli Antifa, era schierato su due file.
La prima fila inveiva, contro i manifestanti di Forza Nuova “autorizzati a svolgere il loro presidio”, con insulti “poco urbani ed edificanti” ed inviti a lasciare Carpi e una seconda fila in cui altri militanti i cantavano inni politici. Dando così vita a una manifestazione non autorizzata “Al contrario di quella di Forza Nuova che aveva tutto il diritto di manifestare secondo quanto concesso dal Questore”.
La gravità della presenza degli antifascisti sarebbe accomunata dal fatto che “Alla sera era prevista una contromanifestazione in cui avrebbero potuto esprimere in modo pacifico il loro dissenso”. Mentre chi era presente “in realtà era il promotore di una manifestazione non autorizzata”.
La Dott.sa Benati nel proseguo della sua relazione, sottolinea che la necessità di comunicare tre giorni prima alla questura la volontà di effettuare una manifestazione, è finalizzata a valutare, da parte del Questore, la possibilità di impedire che l’evento non possa nuocere alla sicurezza dei cittadini.
Allora verrebbe subito da chiedersi: se davvero fosse così perché la Questura ha autorizzato il presidio di Forza Nuova sotto la casa in cui sarebbero stati alloggiati un numero esiguo di immigrati soccorsi? Non potevano questi esprimere il proprio dissenso in un altro luogo invece di creare così il panico nel quartiere per l’imminente arrivo degli immigrati?
E ancora: Concedere quella autorizzazione non avrebbe messo in pericolo “la sicurezza dei cittadini” e contemporaneamente permesso a una forza politica razzista e di matrice fascista, di sfruttare un evento umanitario per attaccare proprio quei valori sanciti e protetti dalla nostra Costituzione che proprio le prefetture sono tenute a rispettare e servire?
Se non aveva una natura politica quella autorizzazione a Forza Nuova, come mai non si è pensato che in una città come Carpi, di matrice antifascista, questa avrebbe portato ad una spontanea mobilitazione dei suoi cittadini? Soprattutto alla luce di pseudo mobilitazioni inconcludenti che da troppi anni le cosiddette istituzioni democratiche anche di Carpi, ci hanno abituati?
Emblematica è stata poi la parte riservata dal PM alla richiesta di condanna. Un lungo elenco numerato dove per la maggior parte si chiedeva il quadruplicamento delle pene. Per la maggior parte, infatti, è stato chiesto 2 mesi di reclusione e 250 euro di ammenda con però alcune distinzioni degne di nota.
La prima riguarda i due militanti di Forza Nuova, su 28 portati a processo.
Per M.L. che ha “eluso il controllo delle forze dell’ordine ed è arrivato in contatto (n.d.r. aggredito) con il gruppo dei contro manifestanti, arrivando allo scontro fisico” con gli antifascisti: 2 mesi e 250 euro di ammenda.
Guarda caso la stessa pena chiesta per l’antifascista A.F. che “era in prima fila e urlava a Forza Nuova di lasciare Carpi perché i fascisti non li vogliamo”.
Stessa pena anche per l’altro Forzanuovista M.M. che “ha colpito per errore con l’asta della bandiera il sovrintendente Righi”. Una dichiarazione, quest’ultima, che mi sarei aspettato fosse sostenuta dall’avvocato difensore che, a mio avviso basito, nella sua richiesta di assoluzione per i suoi imputati, non ha potuto far altro che appellarsi a quanto rigorosamente espresso da Tatiana Boni ed in particolare da Fausto Gianelli.
Entrambi gli avvocati difensori degli antifascisti, infatti, si sono espressi per l’assoluzione degli imputati, causa l’inconsistenza dell’accusa formulata anche durante questo procedimento. Un processo e accuse applicate in base a una “normativa superata dalla giurisprudenza stessa. Basti osservare nel merito le sentenze emesse precedentemente, non solo confermate dalla Corte di Costituzionale che ne ha “falcidiato il valore” – cita il testo – …ma anche dagli articolo 20 e 21 della Carta Internazionale dei diritti dell’uomo”. Entrambi valori esigibili e sanciti dal diritto democratico di una nazione.
Ma il PM non si è fermato qui. Sempre inerente all’esercizio della “violenza” espressa quel giorno, ha chiesto un aggravio della pena per l’Antifa di Carpi D.S.M. a 5 mesi di reclusione e 450 euro di ammenda per aver infilato la mano in un moschettone d’arrampicata “atto ad essere usato come tirapugni”. Ovvero essere usata come arma impropria. Nulla credo sia valsa al PM la dichiarazione specifica avanzata dall’avv. Gianelli da cui era possibile evincere che “l’atto era stato eseguito per pochi secondi e nel frangente in cui il militante di Forza Nuova si accingeva ad aggredire gli antifascisti”. Prova il suo riposizionamento alla cinta dei pantaloni, dove si trovava precedentemente con il resto delle chiavi attaccate, al momento in cui non aveva più “percepito il pericolo per la sua incolumità”.
Domande senza risposte
Alla luce di quanto emerso dallo svolgimento anche di questa udienza, su cui è bene che il Giudice Francesco Cermaria rifletta, restano però altre domande senza risposta. Domande che non credo saranno esplicitate dalla sentenza prevista il 16 luglio alle ore 10.15.
In specifico:
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Come mai il PM ha chiesto il quadruplicamento delle pene? Non è legato alla volontà di voler punire gli antifascisti per non aver accettato passivamente la loro condanna?
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Oppure: l’aumento della pena non è stata avanzata per impedire che il procedimento venga giudicato privo di fondamenti punibili e quindi possa concludersi con una assoluzione?
In effetti il pericolo c’è. Anche perchè non si comprende come sia possibile che tutti e dico tutti i presenti, compreso anche passanti che si sono fermati ad osservare, se riconosciuti grazie alle foto e filmati realizzati per l’occasione, possano essere accusati di essere gli organizzatori della mobilitazione. E quindi essere sanzionati secondo articolo 18 del TULS (4) e del Regio Decreto di epoca fascista.
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Non è strano che non sia stata presentata in aula alcuna prova della volontà di organizzare abusivamente la manifestazione?
Giusto al contrario di altre occasioni dove, grazie ad indagini condotte sui Social Media, alcuni post compromettenti attribuibili a specifici soggetti, hanno consentito di individuare e punire, l’organizzatore della manifestazione?
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E’ possibile che a questa richiesta di aumento della condanna sia stata incrementata dall’uso da parte del PM del rafforzativo, attribuibile alle “ingiurie” ed “offese”?
Peccato che le prime siano state depenalizzate e richiedono solo un’istruttoria in sede civile e le seconde andrebbero affrontate con un contenzioso tra le parti. Come giustamente specificava l’Avv. Gianelli “Un conto è se nella discussione scaglio un pugno in faccia e la questione è tra noi, un altra e non centra nulla con questo procedimento, è dove si è genericamente insultato i “fascisti” senza personalizzare l’offesa”.
E allora viene da pensare:
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Non è che tale processo, come altri profusi contro le mobilitazioni dei lavoratori atti a rivendicare i propri diritti, nascondono la volontà politica di indicare e bollare come “pericolosi” tutti i soggetti sociali che si permettono di mettere in discussione l’ordine costituito e ben rappresentato anche dal Presidente della Regione e del Consiglio Mario Draghi?
Prova di questo, sta il ribadire la volontà del PM a procedere nei confronti della testimone e del militante con il moschettone d’arrampicata in modo che la pena sia esemplare e monito per gli altri e contemporaneamente la completa assoluzione richiesta per altri 4 presenti al presidio perche “defilati, non urlanti ne cantanti”. Ovvero passivi.
Ma a noi aspetta invece, un altro compito. Quello di riconoscere alcune forme di repressione che anche nella nostra provincia si stanno compiendo. Come per le morti nel carcere di Sant’Anna (5) o il procedimento giudiziario che si stava svolgendo nello stesso giorno in un aula a fianco avviato da un Dirigente Cobas nei confronti della Prefettura di Modena, denunciata per presunti maltrattamenti ed abusi subiti nella loro sede e poi, dopo il suo arresto, in questura (6).
In questo clima, noi soprattutto abbiamo la necessità di impugnare questo procedimento rivolto contro gli antifascisti, perché si colloca nella sfera del processo di revisionismo storico volto a riconoscere al ventennio fascista, periodo di azione politica fatta di sopraffazione, razzismo e dominio, l’onore delle armi. Un’involuzione che vede la complicità non solo di un’ampia parte della politica e associativa ma, peggio, anche culturale di questo paese.
Da qui il dovere per tutti gli antifascisti di rivendicare (7) anche con mobilitazioni spontanee e rivendicative, i valori della nostra Costituzione.
1 – http://alkemianews.it/index.php/2021/04/18/antifascisti/
2 – http://alkemianews.it/index.php/2021/03/05/86-lavoratori/
3 – https://www.laleggepertutti.it/146998_decreto-penale-di-condanna-cose
4 – http://www.alkemiachannel.com/1502circolareviminale.pdf
5 – http://alkemianews.it/index.php/2021/03/13/9-morti-carcere-santanna/
6 – https://www.modenatoday.it/cronaca/perquisizione-arresto-si-cobas-pini-sede-28-maggio-2020.html