Anche a Modena, presso La Tenda, sarà esposta dal 13 al 20 maggio, la mostra “QUI RESTEREMO” (1), fotografie realizzate da fotografi palestinesi da Gaza e Cisgiordania. Accompagnata dall’esposizione di “KUFIA, matite italiane per la Palestina del 1988”.
Obiettivo dell’istallazione anche a Modena, è riuscire a sensibilizzare ed informare l’opinione pubblica sulla drammatica situazione che sta vivendo il popolo palestinese e sui temi della ricerca della pace, la demilitarizzazione dei territori e la fine del genocidio, per arrivare al riconoscimento dello Stato di Palestina. Per questo, nonostante i costi, abbiamo deciso di lasciare tutti gli ingressi liberi e gratuiti.
Le mostre “Qui resteremo” e “Kufia” trattano del genocidio palestinese attraverso due strumenti diversi: l’uso della fotografia e quello del disegno. Partendo da un concetto cardine come la ricerca della messa a fuoco di un contesto coloniale che dura da quasi un secolo, in “Qui resteremo” fotogiornalisti di Gaza e della Cisgiordania, mettono a disposizione dell’umanità centinaia di scatti fotografici inediti, che documentano la devastazione del territorio palestinese da parte dei bombardamenti dell’esercito israeliano (2).
Organizzata a Modena, dall’Associazione “Per non dimenticare – OdV”, già organizzatore del “Premio internazionale Stefano Chiarini”, verrà aperta al pubblico il giorno 13 maggio alle ore 14.00 mentre la sua inaugurazione avverrà il giorno 16 maggio in contemporanea con la conferenza pubblica dal titolo:
”DALLA NAKBA AL GENOCIDIO IN PALESTINA”
condotta da Mirca Garuti (Ass. Per non dimenticare – OdV)
e la partecipazione di:
Gianpietro Cavazza – già Vicesindaco Modena
Bassam Saleh – giornalista palestinese
Stefania Ascari (in collegamento da Rafah)
Eliana Riva – capo redattrice “Pagine Esteri”
La mostra raccoglie 40 immagini di Abdul Akim Khaled Abu Rayash, Issam Rimawi, Muhannad Abdulwahab, Mahmoud Elyan, Mahmoud Illean, Mohamad Al Baba, Omar Abu Nada, Musa Al-Shaer, Wala Hatem Sabry, Hashem Zimmo (e di altri fotografi palestinesi) seguite da immagini di Isabella Balena, Massimo Berruti, Antonio Biasiucci, Francesco Cito, Patrizio Esposito, Oreste Lanzetta e Alessio Romenzi.
Le tavole di Kufia ripropone i fumetti e le vignette realizzate negli anni ’80 da artisti italiani, tra cui Milo Manara, Vauro e Andrea Pazienza e Marina Comandini, tra lavoro, diritti umani, arte e ricerca della pace. Saranno esposte opere di Igort, Guido Crepax, Sliman Mansour, Giuseppe Palumbo, José Muñoz, Daniele Scandola, Massimo Giacon, Magnus, Lorenzo Mattotti, Oreste Zevola, Arnon Ben-David, David Reeb, Taleb Dweik, Tayseer Barakat, Nabil Hanani, Altan, Vincino, e furono edite dal Comitato Bir-Zeit, l’Alfabeto urbano e Cuen. I testi sono di Stefano Benni e Guido Piccoli.
Su questa mostra, i cui disegni originali furono esposti negli anni ’80 in 70 città italiane, tra cui anche a Gerusalemme e a Tel Aviv, è avvolto un mistero di quelli spiegabili senza prove. Un anno dopo, il furgone che portava in giro gli originali venne fermato e derubato.
Per questo, oggi al pubblico verranno riproposte le opere d’arte salvate e quelle ristampate, senza nulla togliere al loro messaggio politico ed umano, proposto dai loro creatori.
“Abbiamo deciso di esporre questa mostra di foto – dichiara il presidente Novara Flavio dell’Associazione Per non dimenticare – perché era necessario rendere pubblico e realistico, il genocidio in atto nei territori occupati di Palestina. Riconoscendo contemporaneamente, l’importante valore di testimonianza portata da questi professionisti e non. Un diritto ad informare che hanno pagato con il loro omicidio. Per Israele chi diffonde con fotografie e video, ciò che avviene in quei luoghi devastati, è considerato un testimone scomodo, un occhio disobbediente da eliminare”
Sono infatti, oltre duecentodiciassette (217), finora i fotografi e giornalisti uccisi a Gaza e Cisgiordania. Oltre centottanta sono stati incarcerati, con l’accusa di “violazione della libertà di parola e incitamento al terrorismo” di cui alcuni non si conosce neanche la destinazione.
La mostra intende stimolare infatti, delle riflessioni su quanto sta accadendo nei territori occupati di Palestina, richiamando ad una riflessione profonda, il mondo stesso dell’informazione, e allo stesso tempo, rendendo omaggio al sacrificio dei tanti fotografi e fotogiornalisti che hanno perso la vita per testimoniare il genocidio in corso.
“Non dimentichiamo che da quindici mesi – prosegue Novara – alla stampa internazionale è vietato entrare a Gaza se non sotto il controllo dell’esercito israeliano e sono state chiuse, anche in Cisgiordania sedi di organi importanti d’informazione internazionale e locale”
In questa mostra, ogni immagine è un documento unico e testimone di un azione in cui qualche vita è stata violentemente cancellata. Conservare e mostrare queste immagini rende reale e smentisce chi sostiene e difende Israele “a prescindere” del genocidio che sta commettendo indisturbato da oltre 20 mesi. Mentre mostra il dolore del singolo e della comunità a cui appartiene, registra il silenzio dei corpi inanimati, di case, tende, scuole e ospedali abbattuti, la fotografia presa sul campo rivela la realtà censurata o riformulata dagli apparati strategico-informativi di Tel Aviv.
Non solo, rivela la falsità di un’informazione italiana corrotta e complice che, in modo mistificatorio, nasconde la verità, storpiandola e trasformandola o nel “diritto d’Israele a difendersi” o nella difesa della “nazione Israele e del popolo ebreo” in nome dell’olocausto subito. Una strumentalizzazione violenza, verbale e antidemocratica di quell’immane tragedia, usata contro quegli stessi valori democratici, sopraffatti e volutamente cancellati dal progetto sionista della grande Israele. Un progetto politico non religioso, razzista e coloniale, esercitato in regime di apartheid, che nulla a che fare con l’appartenenza semita comune, del popolo ebraico e palestinese. Come è avvenuto per il caso della Taverna Santa Chiara di Napoli (3).
A testimoniarlo sono gli stessi ebrei che oggi, anche in Israele, non accettano il genocidio in corso che questa mostra senza filtri, denuncia e testimonia.
Questi gli orari di apertura della mostra:
dal 13 al 15 maggio – dalle 13.00 alle 18.30
16 maggio – dalle 13.00 alle 20.00 (e dalle ore 18.30 conferenza)
17 maggio dalle ore 14.00 alle 18.30
dal 18 al 20 maggio – dalle 13.00 alle 18.30