E’ nei nostri occhi che si specchia, nell’80° anniversario della Liberazione dal nazi-fascismo, il riflesso del tempo che passa.
Di Stefano Rebecchi
Tutto scorre senza soluzione di continuità, le nostre vite intrecciate ad altre vite, la quotidianità, le nostre paure, le nostre gioie, i timori per il futuro, nostro, dei nostri figli e nipoti, l’impegno sociale, la nostra forza, la nostra linfa vitale.
Se siamo in grado di pensare e di lottare ancora per il futuro, nonostante la schiera di pazzi e fanatici che governa e schiaccia le nostre vite, lo dobbiamo anche a chi, dagli anni venti agli anni quaranta dello scorso secolo, si è battuto per la libertà e per un’idea, ancora inerte e incompiuta, di una nuova società. Una società che doveva portare l’umanità a un concetto più elevato di uguaglianza e di giustizia sociale, per un mondo basato sulla cooperazione tra gli individui, sulla necessità di fratellanza o quantomeno di coesistenza pacifica e prospera.
Se ieri, come oggi del resto, la guerra era stata evoluzione e, al contempo, cura della crisi capitalistica in atto, nel nostro tempo il quadro è generalmente più complesso. Anche perché l’opposizione sociale è ormai diretta verso la competizione estrema, lo spregio della vita umana, animale e ambientale e la guerra come risoluzione dello stesso sistema che la genera.
Una società in cui, vige la follia di chi vuole ridurre la società ad un algoritmo, sostituendo il pensiero e l’azione umana a quella di macchine e automi di Asimoviana memoria; la persecuzione di chi cerca una vita migliore laddove sono stati perpetrati crimini orrendi da parte di chi dovrebbe invece risarcire quei misfatti oppure, semplicemente, il loro allontanamento ed esclusione ottenuta grazie alla realizzazione di muri ed apartheid come strumento per governare una società. Fino alla scelta per il genocidio, usato come mezzo di distruzione di massa applicato nei confronti di chi resiste ai diversi fascismi.
Le partigiane e i partigiani, considerati dal regime del ventennio banditi e criminali, con il loro impegno e il loro sacrificio, rappresentarono un’occasione sprecata di riscatto dalle barbarie che il colonialismo nostrano produsse, a partire dall’unità d’Italia, contro gli stessi italiani che non si volevano piegare al potere costituito. Per non parlare poi delle violenze perpetrate ai danni di popoli degli Stati invasi dove un colonialismo di insediamento economico e predatorio generò, a fronte di una giusta resistenza, decina di migliaia di vittime colpite ed eliminate attraverso l’uso, da parte dei militari italiani, anche di armi proibite e non convenzionali, quali i gas tossici.
Il famoso detto “Italiani brava gente” quanto mai grottesco se non fosse spaventosamente vergognoso nella sua aberrazione, non è servito purtroppo a generare un’opera di revisionismo atto a riconoscere i crimini contro l’umanità perpetrati da alti ufficiali italiani, da Graziani a Maletti tanto per esemplificare, ma continua ad essere utilizzato come propaganda bellica e non corrisponde certo all’opinione di chi è soggiaciuto sotto il giogo criminale della macchina bellica italiana durante l’occupazione.
La vittoria della guerra partigiana non portò materialmente alla società socialista, tanto desiderata dalla parte preponderante del movimento, ma ad un compromesso politico e sociale, sbiadito e sciancato, sancito dalla costituzione del 1948 che, tuttavia, fu redatta includendo alcuni principi fondamentali della lotta di liberazione dal nazifascismo. Stabilendo il concetto di eguaglianza, ripristinando il diritto è la libertà di parola, opinione, riunione, la libertà di stampa, stroncati dal regime, si diede corso a un nuovo inizio.
La carta costituzionale indicò la diversificata geografia ideale di chi la redasse, specchio dei resistenti i quali seppero fondersi nell’ideale di nazione includente, pur mantenendo peculiarità specifiche. Obiettivo era combattere la barbarie nazifascista e un destino che sembrava ineluttabile. Partigiani che se anche non costituirono mai la maggioranza del paese, ebbero una forte solidarietà tra la popolazione “passiva” e di contro, furono traditi dai collaborazionisti con il nazifascismo che, per paura o per salvaguardare propri interessi personali, agivano in veste di delatori complicando ulteriormente la loro battaglia ideale.
Democristiani, monarchici, azionisti, socialisti, comunisti e anarchici furono le componenti politiche composite. Uomini e donne, anche adolescenti pronti a combattere per abbattere il regime fascista, traditore e complice del dominio nazista.
Alcuni di questi traditori furono poi raggiunti dalla giustizia partigiana ma una buona parte di loro, continuò a fare la propria vita sostenendo poi, a guerra finita, i vincitori. Personaggi anche politici che è facile ritrovare anche nei nostri scranni parlamentari, fotografia della scandalosa classe politica attuale che serve gli interessi dei poteri forti a danno dei cittadini, tradendo, tra le altre cose, la stessa costituzione che si impegnano a servire al momento della nomina parlamentare.
Anche le donne, principalmente adibite a staffette portatrici di messaggi e di armi, operanti il necessario raccordo tra i gruppi resistenti, assursero via via a ruoli di comando innestando una nuova rivoluzione nella tentata rivoluzione in atto. Donne che, nel frattempo, avevano cominciato ad assumere un ruolo più attivo nella società a causa dell’allontanamento degli uomini arruolati e partiti per il fronte.
Una resistenza composita quindi, viva, tenace, resiliente che si estendeva anche alle famiglie dei protagonisti, perseguitate e trucidate senza pietà dagli sbirri nazifascisti, come atto di rappresaglia per aver fornito aiuto e aver agito secondo propria coscienza e dignità umana.
Ciò nonostante la Costituzione fu violata quasi immediatamente dalla repressione di uno stato ancora pregno della mentalità e della presenza fascista nei ranghi istituzionali. Repressione che si abbatté sulle lotte contadine e operaie negli anni ‘50 e ‘60, che provocarono le stragi di Portella della Ginestra, Modena, Reggio Emilia, e tante altre piccole e grandi ferite che tornarono a macchiare indelebilmente il tessuto sociale e politico appena ricostituito.
Lo Stato ha continuato ad agire come forza repressiva fino ai giorni nostri, stroncando scioperi, manifestazioni, cortei. Genova 2001 è uno degli esempi più significati di repressione che ne avvalora la tesi marxista della necessità del suo superamento, come ultimo atto per la realizzazione del socialismo.
Nonostante ciò la Costituzione è rimasta un punto di riferimento, anche se ebbe in qualche modo un percorso d’applicazione lento e doloroso.
L’alleanza trasversale del centro-sinistra tra DC e PSI promosse, tra le altre, la nazionalizzazione dell’energia elettrica, la riforma della scuola e progetti di edilizia pubblica.
Le lotte dei lavoratori nel bienno rosso 1968-69, a cui si unirono le lotte studentesche che portarono alla ratifica dello Statuto dei Lavoratori nel 1970, alla riforma della scuola, le lotte dei movimenti femministi, per la pace, per il diritto al divorzio e all’aborto, modificarono in senso sostanziale la nostra società al punto di cambiarla nella sua struttura obsoleta e reazionaria. Nemmeno la reazione delle forze stragiste seppe fermare i movimenti di rinnovamento sociali e le rivendicazioni politiche e sindacali di allora.
Con l’omicidio Moro, ad opera delle Brigate Rosse, parte della galassia avanguardista dell’eversione di sinistra, nel Marzo del 1978, si chiuse la stagione progressista iniziata dai governi di centro-sinistra negli anni ‘60/70, nonostante l’opera destabilizzatrice attuata dalla loggia P2 che insieme ai servizi segreti italiani deviati e USA operarono per fare fallire la liberazione dello statista.
Anni di piombo, che sono e rimangono un tratto distintivo della storia italiana. Una strategia della tensione che fu magistralmente orchestrata da pezzi non marginali delle istituzioni, da organizzazioni fasciste sostenute e finanziate dai servizi segreti nostrani e occidentali.
Una pagina particolarmente nera, è proprio il caso di dirlo, della storia repubblicana.
La strage di Piazza Fontana, del rapido 904, di piazza della Loggia a Brescia, della stazione di Bologna dimostrarono come lo Stato italiano non avesse abbandonato la sua veste profondamente reazionaria e di come avesse tradito, ancora una volta, profondamente lo spirito della Costituzione nata dalla Resistenza.
La classe politica che segui il dopo Tangentopoli, il periodo di Mani Pulite e i processi contro la corruzione della classe politica dei primi anni ‘90, non fu all’altezza dei suoi predecessori dando l’impressione di essersi rinnovata e di mostrare reale attenzione alle esigenze e ai problemi di chi rappresentava, ma che rispecchiò come tuttora d’altronde, una incompetenza di base, un pressappochismo e un’assoluta deviazione dai precetti costituzionali, uniti ad un elevato grado di corruzione politica che anche oggi, come allora, troviamo sugli scranni parlamentari, da una parte all’altra dell’emiciclo.
Ne è un esempio, la modifica della carta costituzionale, da parte di personaggi di un centro-sinistra sempre più svuotato di un orizzonte politico degno della propria storia, pronto a rispondere agli interessi della classe liberale borghese e ad immolarsi sull’altare della pacificazione di togliattiana memoria, densa però di profondo revisionismo storico (Violante docet).
La demolizione dei diritti acquisiti nelle lotte dei lavoratori, come l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, hanno svuotato di senso la motivazione del sacrificio di tanti resistenti. Azioni politiche che, anche in questo caso, hanno proseguito nel tradimento della lotta della Resistenza e in una cornice sempre più marcata di allontanamento dei cittadini dalla politica partitica e soprattutto dalla partecipazione attiva e democratica alla vita pubblica del paese.
Il fascismo è allora tramontato?
Dall’incipit di Luciano Canfora nel suo “Il fascismo non è mai morto” traiamo questa frase sibillina:
“Questa spazzatura non piace a noi nazisti”, riferendosi agli ebrei.
Chi parla è il ministro dell’Economia del governo finlandese, recentemente entrato a fare parte della Nato. Willem Rydman è ministro e dunque espressione, di un governo attuale di uno dei paesi europei. Rydman parla dei cittadini del Medio Oriente definendoli “scimmie”.
In Germania, Alternative fur Deutschland, partito xenofobo e antisemita recentemente alle elezioni tedesche ha avuto il 20% dei consensi.
Orban in Ungheria è un altro alfiere di una ideologia xenofoba e fascista.
L’illuminato professore Canfora con il suo libro, ci fa capire come il fascismo di oggi non sia cambiato rispetto al passato. Anche perché uno dei temi preferiti della destra nel mondo è ancora la presunta questione “razziale”, che caratterizzò anche il fascismo italiano con le leggi sulla “razza” del 1938, e la repressione dei migranti. Questa volta però “selezionati” in base alla provenienza, ceto sociale o religioso.
Infatti risulta che almeno sei milioni di ucraini siamo stati “assorbiti” dalla Francia, Polonia, Austria, Italia, Germania, mentre per gli immigrati provenienti dai mondi ex coloniali si grida all’invasione prospettando addirittura una “sostituzione etnica” dei popoli europei.
Come il fascismo prima maniera, anche il fascismo di oggi agisce sulle paure, sulle contraddizioni della società anche nei confronti di gruppi sociali penalizzati, innescando una guerra tra poveri che porta a un disconoscimento della propria appartenenza di classe.
Anche il governo Meloni di stampo neo fascista si sta muovendo nella direzione di comprimere i diritti sociali.
Ha recentemente votato il decreto sicurezza che reprime fortemente il dissenso, la protesta e le rivendicazioni sociali, ambientali e politiche. Perfino le situazioni carcerarie, sotto l’occhio di ingrandimento delle associazioni per i diritti umani che contestano, giustamente, al nostro paese condizioni inumane in cui vivono i detenuti in Italia, sono prese di mira considerando i carcerati e le carcerate pericoli e, al contempo, feccia senza diritti.
Alleato e partner affidabile per gli USA, l’Italia è un fornitore di armi di primo ordine, terzo fornitore nei confronti dello stato criminale sionista israeliano.
Di buon grado accetta che il territorio italiano sia costellato da testate atomiche in contrasto con la volontà del popolo italiano.
La gioventù di Fratelli d’Italia, il partito della premier, è fortemente filo-fascista, come ha dimostrato recentemente anche l’inchiesta di Fanpage.
Il fascismo è più vivo che mai in Italia e in tutto il mondo e Trump e Musk ne sono i principali esponenti.
Qual’è dunque l’eredità che ci lascia la Resistenza in questo desolante spaccato?
La Resistenza, già nel significato semantico del termine, esprime il tentativo di contrastare e allora, cosa dobbiamo contrastare ancora oggi come ieri?
Sicuramente non dobbiamo permettere a noi stessi di derogare su alcuni principi fondamentali.
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Indignarci e reagire davanti ai soprusi, alle ingiustizie, alle disparità economiche, alla stigmatizzazione in base al censo, all’etnia, al credo politico, religioso, all’appartenenza di genere.
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Contrastare il razzismo, l’omofobia, la marginalizzazione, il nuovo/vecchio fascismo rappresentato da ideologie suprematiste, neocoloniali, razziste, che stanno prendendo forza in tutto il mondo.
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Lottare e sostenere l’autodeterminazione dei popoli, la libertà di poter esprimere il dissenso, la contestazione.
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Contrastare la deriva bellicista del’Unione Europea, che con il piano di riarmo europeo intende militarizzare l’intero continente per affrontare un nemico immaginario, nascondendo ancora una volta sotto il tappeto le vere cause che hanno indotto alla povertà milioni di europei.
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Combattere il sistema capitalistico che induce differenze, povertà, arricchimento di pochi a scapito dei più.
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Creare opportunità di lavoro vero e non precariato.
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Implementare i piani di edilizia pubblica, rafforzare il sistema sanitario pubblico e promuovere politiche per la scuola pubblica affinché sia formazione di coscienze libere e critiche.
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Battersi contro l’impoverimento culturale e materiale, contro il pensiero unico.
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Manifestare contro lo scempio ambientale, il depauperamento delle risorse, a favore del benessere animale.
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Costituire cordoni sanitari antifascisti, reti che sappiano rispondere a queste nuove sfide locali e globali, a questa nuova disumanità e indifferenza diffusa.
Dobbiamo essere consapevoli che il fascismo non è morto ed è in grado di rinnovarsi solo quando trova il terreno fertile in cui farlo. Spesso questo avviene quando la crisi economica aumenta la povertà e le classi ricche e dominanti convogliano la rivolta dei poveri contro gli altri poveri.
Per questo, siamo noi i nuovi resistenti. Siamo noi che dobbiamo sottrarre terreno al fascismo e continuare a tramandare ai nostri figli i valori della Resistenza affinché non sia stato vano, il loro sacrificio per la nostra libertà.