PD: UN PARTITO SENZA SINISTRA

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Queste elezioni sono iniziate in modo ridicolo con le dimissioni di Draghi, nonostante avesse una maggioranza parlamentale, e stanno proseguendo con un PD senza sinistra, che non perde l’occasione di collezionare figure pubbliche pericolosissime per una possibile perdita del Centro Sinistra in questo paese.

Quello che abbiamo difronte è, per l’ennesima volta, un partito che non ha il coraggio, a partire dal proprio segretario, di decidere “cosa vuole fare da grande”. Ovvero quale linea politica sostenere per il futuro del nostro paese. O più propriamente: la politica sostenuta durante le legislature non sono per nulla coerenti con quanto enunciato nelle varie campagne elettorali, periodo in cui riscopre la sua propaganda popolare antifascista e difensore dei diritti degli ultimi.

Non è che il gruppo dirigente, che in questi anni si è susseguito, abbia dimostrato qualcosa di meglio del suo attuale segretario Letta, ma l’aggregazione proposta per queste elezioni non brilla di idee innovative. La progressiva perdita di iscritti, la diminuzione del suo serbatoio elettorale e la scarsa partecipazione dei suoi dirigenti e volontari alla vita del partito, sono li a denunciare il fallimento di questa strategia.

Una strategia che ha lasciato sempre più e progressivamente spazio ad una visione della società, sostenuta dalla lettura democristiana e cattolica della società, dove la redistribuzione della ricchezza prodotta deve essere necessariamente lasciata alla gentilezza e responsabilità caritatevole delle classi dominatrici. Ovvero si è definitivamente abbandonata l’idea non solo del possibile cambiamento della società ma anche la volontà politica di reinterpretare e rappresentare, in chiave socialista, il mondo del lavoro e una redistribuzione della ricchezza prodotta nel nostro paese per diritto e non per elemosina o ricatto.

Sia ben chiaro che il PD non è un partito scomparso o da percentuali a una cifra ed è per questo che è importante affrontare questo problema. Soprattutto a causa del fatto che ancora oggi alcuni classi sociali meno abbienti, hanno o stanno perdendo definitivamente la fiducia elettorale governativa e propositiva per questo paese. Soprattutto nei confronti del Centro Sinistra.

Gramsci diceva che il pericolo peggiore per la stabilità della borghesia nazionale, quella che di solito guida le rivolte o la stabilità, sia proprio il fatto che il “vecchio non vuole morire”, impedendo così al “nuovo di nascere” e questo non può che creare instabilità, disaffezione e possibile rivolta verso gli organi costituiti. O peggio, impedire possibili cambiamenti anche in chiave democratica sia dal punto di vista economico, sociale e del diritto. Ovvero, bloccare una rivendicazione verso uno Stato che non è in grado di dare risposte sensate, soprattutto verso le classi meno abbienti che mai come oggi, dal dopoguerra, si trovano in grosse difficoltà economiche e sociali. Quelle stesse classi sociali che possono essere e saranno usate elettoralmente dalla Destra Sociale proprio a causa della totale assenza di risposte concrete attuate dai governi di Centro Sinistra.

E’ questo il vero problema.

ll dramma politico del Partito Democratico sta proprio nella sua incapacità di ammettere ed affrontare alcune questioni fondamentali:

  • Il fallimento del progetto concertativo e mediatore della politica nei confronti dell’aggressività banditesca dei mercati finanziari nazionali ed internazionali.

  • La nuova natura imperialista ed oligarchica del capitalismo globalizzato di fronte alla conversione energetica e alla ripresa economica dopo la pandemia.

  • La perdita totale del ruolo d’indirizzo politico ed economico dello Stato nei confronti delle privatizzazioni statali e dei servizi ai cittadini.

  • La perdita totale del “Valore del Diritto dei popoli” a vivere in pace e la sua rivendicazione richiesta solo in base ad interessi di parte. Una scelta che sta conducendoci verso un altro conflitto mondiale.

E’ a partire della caduta del Governo Prodi, che si è evidenziato in modo decisivo, il fallimento del ruolo mediatore dello Stato. Il governo, forse l’ultimo, ad avere un ruolo soprattutto internazionale d’indirizzo politico ed economico ereditato dalla figura di Romano Prodi e della sua “squadra” di ex democristiani.

Susseguito al primo Governo Berlusconi, con il compito di arginare il pericolo politico mafioso e nazionalista rappresentato da molti componenti della coalizione del Centro Destra, il governo di Centro Sinistra doveva avere un tempo limitato ed essere sostituito, nonostante fosse riuscito a riconquistare credibilità sul piano internazionale. Nonostante avesse dimostrato, anche con il sostegno alla guerra in Jugoslavia, un allineamento alla NATO anche contro la nostra stessa Costituzione.

Un Governo che andava cambiato perchè portava in se ancora una base sociale e politica di natura socialista, che non piaceva ne agli USA ne ai mercati finanziari che volevano mettere le mani sui gioielli del nostro paese.

Una garanzia che, invece, il venditore Silvio Berlusconi aveva promesso subito dopo la sua sconfitta. A partire proprio dal suo programma elettorale di “meno Stato e più libertà per i suoi cittadini”. Un programma che però non attuò mai proprio per la sua natura politica. Del resto questa era ovviamente prevedibile dato che la Destra, allora come oggi, ha in questo paese essenzialmente un ruolo protezionistico nei confronti delle famiglie oligarchiche nazionali.

Da qui l’azione e l’atto d’imperio della sua cacciata, attuato grazie anche alla complicità dei mercati, del Presidente Napolitano e guarda caso, proprio dal quel Mario Draghi, presidente della BCE che apriva, con la sua lettera a Tremonti (1), l’arrivo del Governo Monti.

Un governo tecnocratico subito sostenuto dal PD, “senza se e senza ma”, nonostante le sue politiche antisociali, come quella sulle pensioni. Un sostegno che mirava ad accreditarsi come garante della trasformazione del paese che Silvio Berlusconi non poteva e non aveva voluto garantire.

Una scelta e un appoggio dei mercati, rivolta proprio al PD soprattutto perché unico partito che poteva esprimere un volume elettorale ormai maturo e degno per contrastare il ritorno del Centro Destra.

Da qui la trasformazione definitiva del PD da partito di sinistra a liberale e un’enunciata e progressiva uscita o nascita di altre frange politiche esterne e correnti interne. Nate più per rivendicare un proprio ruolo ormai marginale se non per negare ed accettare consapevolmente quale era ormai diventata la vera anima politica di quel partito.

Una natura successivamente ben interpretata, attuata e personificata proprio da Matteo Renzi, con l’approvazione da parte anche di tutto il gruppo dirigente e parlamentare del PD, del loro Job Acts, riforma della Costituzione, distruzione dell’art. 18 etc.

Matteo Renzi, un personaggio ambiguo da subito ma osannato e sostenuto anche da quel Marco Bersani & Compagni, che tanto a sinistra si sente ancora oggi ancorato. Peccato che non si sia ancora reso conto (spero non volutamente) che quell’ormeggio era fatto di sabbia. Da qui la sua deriva in questo mare in tempesta.

Questo atteggiamento politico di natura concertativa, attuata dopo la cacciata di Matteo Renzi, è e rimane ancora la stessa. Lo dimostra il fatto che questo incarico è stato di nuovo affidato proprio a Letta, quello che è stato cacciato da Renzi, con ampio appoggio della Direzione proprio di quel partito ormai trasformato in un consiglio di amministrazione di natura aziendale.

Da qui lo sbando totale non solo della politica d’attuare ma dei suoi militanti stessi che schiacciati da anni di politica inconsistente basata sul “contro Berlusconi” e poi sul “pericolo della Destra Fascista” hanno creduto che bastasse un Bersani, Fratoianni o Boselli per riuscire a fare delle politiche di sinistra quando della sinistra non era rimasto più nulla. Solo forse qualche slogan da usare in campagna elettorale da utilizzare per mantenere legato a se un elettorato anche fuori dal suo partito stesso.

Paradossalmente credo che è stato proprio Draghi e il suo governo d’Unità Nazionale a salvare dalla distruzione elettorale il Partito Democratico. Il sostegno a Draghi “a prescindere” ha permesso al suo gruppo dirigente di poter dimostrare dentro e fuori ai confini nazionali, quella sicurezza in chiave liberale, anche all’Europa. Un appoggio che, grazie alla figura di Draghi forte della loro appoggio, ha permesso a tutti di far dimenticare il nostro ingente debito pubblico.

Una sicurezza del Segretario PD andata in frantumi subito dopo la rottura dell’accordo con Calenda, confuso e appoggiato nell’immediato con la promessa di rispettare l’agenda Daghi, per poi essere scaricato ai primi ammiccamenti di Fratoianni e Bonelli. Due progetti che nulla hanno a che fare con il progetto politico condiviso con Calenda ma figlio della volontà del PD di accentrare più sigle a prescindere dall’obiettivo politico individuale e o sostenuto da Draghi. Negando così, ancora una volta, l’ormai vera natura liberista del gruppo dirigente del PD.

Chiare in questo senso sono le affermazioni del segretario Letta a La Stampa e a La Repubblica:

La parola agenda porta malissimo, togliamola dal tavolo. Il programma di Draghi è stato positivo…perimetro della serietà e del patriottismo…la base di partenza” anche se “vorremmo più ambizione sull’ambiente, sul sociale, sui diritti”.

Una scarsa spiegazione dunque del suo “campo largo” e profondo limite della ricetta politica, riassumibile solo nella ricerca di un fronte repubblicano anti-destre (La Repubblica il 24 luglio).

Il segretario Letta, infatti, non si risparmia nell’affermare, rispetto alla possibile vincita della destra, che Renzi e Calenda (2) “Si stanno assumendo questa responsabilità” mentre loro (PD) sono preoccupati perchè “noi abbiamo il ruolo di partito guida. (3)

Da qui la necessità di recuperare, figlia anche della paura di perdere, l’egemonia elettorale a sinistra (con i Verdi di Bonelli e Sinistra Italiana che furbescamente prestano il loro appoggio) che tanto ha difeso e sostenuto questo partito, nonostante le profonde delusioni politiche che ne sono derivate. Una scelta liberista esplicita ma camuffata, che rischierebbe di mettere in serio pericolo la stabilità elettorale e politica, che è economica, proprio in quelle ragioni che controllano da anni. In particolare Emilia Romagna e Toscana.

Il rischio è alto ma la posta in gioco, che condizionerà i prossimi anni questo paese, non è da meno. E non a caso, la candidatura di Carlo Cottarelli (4) emblema del liberismo senza regole (per contrastare anche Renzi e Calenda), ne rappresenta la scelta definitiva, anche se assai rischiosa.

Interessante il commento di Gad Lerner, sulla gestione di questi ultimi giorni di Letta, pubblicato il 8 agosto sulle pagine del “Fatto Quotidiano (5):
Non fossimo a ridosso delle elezioni, il maldestro infortunio politico occorso a Enrico Letta renderebbe opportune le sue dimissioni. Come minimo lo inviterei a chiedersi perché gli è capitato di fidarsi di Carlo Calenda, lui che otto anni fa si era lasciato già beffare da Matteo Renzi (di cui Calenda è solo una caricatura). La spiegazione risiede nella cultura politica che accomuna Letta ai suoi due turlupinatori: il centrismo, malattia senile di una sinistra che ha reciso il suo legame originario col popolo degli oppressi e degli sfruttati in nome della governabilità… dopo essersi assimilato in un progetto tecnocratico, quello di Draghi, che ha spianato la strada alla destra”.

Non si risparmia neanche quando giustamente afferma che:
Non basterà regalare un pacchetto di seggi sicuri a Speranza, Fratoianni e Bonelli per avviare la ricostruzione di una sinistra credibile. Prima occorrerà liberarsi della funesta vocazione centrista che spadroneggia nel gruppo dirigente del PD”

Non c’è che dire, il gioco che su più tavoli sta attuando il PD anche in questa tornata elettorale, rischia di fargli perdere non solo le elezioni, causa la disaffezione dei suoi elettori che forse non voteranno per altri o non andranno a votare ma, soprattutto perché senza chiarezza e possibile litigiosità interna al Centro Sinistra rischia di non dare fiducia di stabilità politica che tanto piace ai mercati e a una parte importante dei cittadini italiani. Un ruolo che, anche se solo mediaticamente, la destra (6) si sta preparando ad assolvere.

1 – https://www.voltairenet.org/article171592.html

2 – https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2022/08/07/elezioni-calenda-e-conte-rompono-con-il-pd.-renzi-terzo-polo-opportunita-straordinaria_03ffd6a9-e4cc-42f4-b546-3dbcd7abbe4d.html

3 – https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/08/08/pd-dopo-il-disastro-del-patto-con-calenda-ora-letta-evoca-le-dimissioni-sono-stato-ingenuo-spero-di-lasciare-il-testimone-a-una-donna/6756262/

4 – https://www.money.it/Carlo-Cottarelli-biografia-possibile-ministro-governo-Draghi

5 – https://www.iacchite.blog/gad-lerner-un-suicidio-assistito-per-inseguire-il-centrismo/

6 – http://alkemianews.it/index.php/2022/07/23/draghi-scacco-matto-alla-meloni/