LA ICJ NON SI PRONUNCIA PER IL CESSATE IL FUOCO A GAZA

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Nessun cessate il fuoco. Gaza può aspettare”, sembra aver pronunciato, venerdì scorso, la Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) sulla richiesta presentata dal Sudafrica (1) a fine dicembre che, oltre a richiedere alla ICJ di riconoscere che Israele sta commettendo il crimine di genocidio nei confronti dei palestinesi di Gaza, sollecitava alla Corte di emanare misure cautelari urgenti per fermarlo.

di Carla Gagliardini

La ICJ, la cui giurisdizione è stata contestata da Israele, ritenendola di conseguenza incompetente a decidere nel merito, ha dovuto prima esprimersi su tale punto.
La Corte ha risposto di avere giurisdizione, ha quindi accolto la richiesta e porterà avanti il procedimento per giudicare se Israele sia colpevole oppure no di tale crimine.

Rispetto alla questione delle misure cautelari, l’articolo 41.1. dello Statuto della ICJ sancisce che:
La Corte ha potere di indicare, ove ritenga che le circostanze lo richiedano, le misure cautelari che debbono essere prese a salvaguardia dei diritti rispettivi di ciascuna parte”.

La ICJ, dopo aver espresso preoccupazione per quello che sta avvenendo a Gaza, motivandola con le dichiarazioni di esponenti di Israele, che rivestono le cariche istituzionali più elevate e che suonano come minacciose verso l’intero popolo palestinese di Gaza, e con quelle di diversi funzionari delle varie agenzie dell’Onu che hanno ripetuto che nella Striscia non c’è nessun luogo sicuro, che il sistema sanitario è collassato, che tutto è stato bombardato, case, scuole, chiese, moschee, ecc., e prendendo atto che la situazione umanitaria è tragica anche per la carenza dei beni di prima necessità come cibo, acqua e medicinali in primis, dovuta al blocco di Israele su Gaza, ha deciso per un provvedimento che lascia francamente attoniti, ordinando a Israele solamente di prevenire atti di genocidio e evitando di pronunciare l’ordine di cessate il fuoco, unico che può salvare ogni giorno centinaia di civili dalla morte e dai danni causati dai bombardamenti.

Se si comprende la difficoltà della ICJ a dover decidere una causa che vede Israele, il cui popolo ha vissuto la tragedia della Shoah, sotto accusa per un crimine terribile, come quello di genocidio, citato da uno Stato, il Sudafrica, che fu portato fuori dall’apartheid grazie a un uomo straordinario come Nelson Mandela, che pagò la sua battaglia con 27 anni di carcere, amico fraterno del popolo palestinese, che si intende proteggere con questo ricorso, non si può però capire né condividere la decisione assunta dai giudici della Corte.

Alcuni giornalisti sostengono che in sostanza la ICJ ha ordinato il cessate il fuoco (2) ma sembra davvero irreale che possa essere così, soprattutto se di mezzo c’è un organismo giurisdizionale che ha il dovere di essere molto chiaro nelle pronunce che emana e non può lasciare spazio ad una lettura tra le righe (3). I giudici della ICJ hanno pertanto scientemente deciso di non ordinare il cessate il fuoco ed è bene dirlo perché la vita assegna ad ognuno di noi delle responsabilità e la storia ci dirà poi se siamo stati capaci di assumercele e se ne siamo stati all’altezza.

Davanti alle immagini di una Gaza in macerie, di ospedali che sembrano dei mercati per il continuo passaggio di persone che però, purtroppo, non trasportano sacchetti della spesa ma esseri umani che, in un fazzoletto di terra, inevitabilmente cadono a decine e decine sotto i bombardamenti ordinati da chi ha la consapevolezza che la strage avverrà, la ICJ ha ritenuto di non ordinare il cessate il fuoco, ritenendola evidentemente una misura cautelare non appropriata perché non richiesta dalle “circostanze” e non in grado di salvaguardare i “diritti rispettivi di ciascuna parte”, quindi sia quelli palestinesi che israeliani. In questo tentativo di bilanciamento dei diritti, dunque, più di 26.000 morti civili palestinesi non sono sufficienti a trovare il giusto equilibrio.

Eppure in data 16 marzo 2022 si era pronunciata diversamente. Altro territorio, altra guerra e altre parti in causa. Si tratta del procedimento promosso dall’Ucraina contro la Federazione Russa. Anche in questo caso sono state richieste misure cautelari. L’Ucraina ha infatti chiesto di ordinare la sospensione immediata delle operazioni militari iniziate il 24 febbraio 2022, che la Corte ha ordinato.

Perché dunque non ha fatto altrettanto con Israele, considerando il numero di morti e feriti civili che questa guerra a Gaza sta mietendo e che sono molto superiori a quelli sofferti dalla popolazione ucraina nei primi tre mesi di conflitto, in questo macabro conteggio di vite perse e distrutte che la follia della guerra ci obbliga a tenere?

Forse una risposta si trova proprio paragonando la causa Sudafrica contro Israele con quella Ucraina contro Federazione Russa e considerando l’interesse generale che ruotava intorno alla decisione che la ICJ doveva assumere rispetto alla richiesta delle misure cautelari.

Nel primo caso, nonostante il massacro in corso a Gaza, non c’era la certezza che la Corte si sarebbe pronunciata per un cessate il fuoco, perché sotto accusa era finito Israele. L’interesse dunque era alto perché il risultato era incerto.

Nel secondo caso invece l’interesse non è stato rilevante, probabilmente perché si dava per scontato che la ICJ avrebbe accolto pienamente le richieste avanzate dall’Ucraina, come effettivamente avvenuto, forse perché sotto accusa era finita la Federazione Russa.

Sembra quindi esistere la percezione che venga adottato l’antico metodo dei due pesi e delle due misure, quando nei processi ci finisce in qualche modo l’Occidente, direttamente o indirettamente.

Decisioni così non fanno dormire sonni tranquilli, soprattutto quando si abita una certa parte del mondo che si sente, viene da dire a ragione, considerata meno rilevante dell’altra e quindi più sacrificabile. Provando ad immaginare che la violenza di fuoco sparata su Gaza in questi mesi venga riversata sul più piccolo dei Paesi occidentali, dove lo spazio vitale per cittadino è comunque incommensurabilmente più grande rispetto a quello presente a Gaza, il sospetto che la ICJ si pronuncerebbe per un immediato cessate il fuoco, probabilmente rafforzando anche la decisione con l’ausilio di toni molto duri, è più che legittimo.

La sfiducia verso le istituzioni internazionali è un sentimento diffuso che matura a causa di decisioni come questa che usano un certo riguardo verso i Paesi dello schieramento occidentale. Il cessate il fuoco doveva salvaguardare il diritto del popolo palestinese a vivere e ad esistere.

Tra morti e feriti oggi si contano circa 100.000 persone, in meno di quattro mesi di guerra. Cos’altro deve accadere per ordinare che si smetta di bombardare? Il cessate il fuoco ordinato dalla ICJ avrebbe inoltre rinforzato l’azione dell’Assemblea Generale dell’Onu e del Consiglio di Sicurezza che a maggioranza hanno ripetutamente chiesto a Israele di fermarsi. Solo il veto degli Stati Uniti ha impedito al Consiglio di Sicurezza di rendere esecutiva la decisione.

Bisognerebbe riflettere con più attenzione sul fatto che il mondo sta cambiando e l’egemonia occidentale è fortemente in discussione e in declino. A dircelo sono la guerra in Ucraina, l’allargamento dei BRICS e la stessa guerra a Gaza.

Sarebbe saggio prenderne consapevolezza per iniziare a pensare come costruire la pace adesso ed evitare così prevedibili guerre nel futuro vicino. Sempre che si abbia interesse a scongiurarle…

LINK:

1 – https://www.amnesty.it/israele-deve-rispettare-la-decisione-della-corte-internazionale-di-giustizia/

2 – https://alkemianews.it/2023/11/19/ohchr-stop-genocidio-palestinese-a-gaza/

3 – https://www.rainews.it/video/2024/01/la-corte-internazionale-di-giustizia-israele-deve-prevenire-il-genocidio-a-gaza-3be33181-b79d-4198-84b9-724610384370.html