Quali rapporti commerciali con Cina e Russia e l’Europa di domani. Il ruolo tra Stato e Nazione.
La Turchia e il ruolo nella NATO nella nuova era. Democrazia Reale e Potere dei popoli
La conferma per dell’elezione di Joe Biden a nuovo presidente USA è finalmente arrivata in Europa. Non sappiamo ancora quale traccia violenta lascerà nel paese questo cambio al vertice degli Stati Uniti e, l’attentato di Natale a Nashville (1) potrebbe essere solo l’inizio; certo è che questa notizia ha reso euforici i mercati internazionali, esaltare l’Inghilterra che trova, sotto l’albero di Natale, un accordo con l’Europa (2) e tranquillizzato la cittadinanza riformista e liberal democratica europea. Ma non è, in verità, così per tutti i paesi della Nuova Europa. Anche perché, se apparentemente la scelta dell’establishment Europea per Biden possa apparite scontata, in verità dal punto di vista geopolitico, la questione merita una maggior riflessione. Non possono essere sottovalutati gli aspetti umani della difesa dei diritti né i valori democratici, come la lotta alla supremazia e razzismo, l’egoismo, omofobia e il potere diviso per classe sociale di appartenenza, anche quando questi sono utilizzati per cacciare il “brutto e cattivo inquilino” della Casa Bianca. Oppure, come ha fatto in realtà il nuovo eletto alla Casa Bianca, quando la difesa di questi principi, è stata utilizzata in modo spregiudicato e strumentale. Bastava osservare l’esautorazione attuata nei confronti dei candidati Riformisti del suo partito e le operazione di “velina” attuate per far dimenticare al paese, il “troppo socialista” Bernie Sanders (3). Del resto questa non è una nostra teoria ma un vero e proprio grido di rivolta sottolineato anche da una chiara intervista, in cui Alexandria Ocasio-Cortez, l’11 novembre, esprime con rammarico l’intenzione forse di lasciare la politica.
“Ho bisogno che i miei colleghi capiscano che noi [i radicali, ndr] non siamo il nemico. Che la loro base non è il nemico….a livello esterno abbiamo vinto, ma a livello interno il clima è stato estremamente ostile nei riguardi di qualsiasi cosa fosse vagamente progressista» (4).
Una sorta di messaggio rassicurante di Biden rivolto principalmente alle classi medie americane e al suo “sistema” di gestione del potere economico che del resto neppure il Presidente Obama aveva mai messo in discussione. Di contro, la falsa immagine dei diritti venduta alle classi meno abbienti, dell’uomo “venuto dal basso” e del “sogno americano” usato come mantra per accattivarsi il loro voto. Soprattutto per quelli che non avevano mai votato e oggi hanno deciso di farlo contro Trump e non per i Democratici. Come del resto è avvenuto in Emilia Romagna per impedire alla Lega di raggiungere i vertici della nostra regione.
Quale Presidente allora per l’Europa?
Erano anni che le elezioni negli Stati Uniti non mettevano così in ansia l’Europa. Questo vecchio continente, smarrito tra pandemia e crisi economica, schiacciato tra la necessità politica di restare unita e il piacere sublimale di pensare con simpatia a nuovi nazionalismi regionali, prova a resistere aggrappandosi controvoglia ed in mancanza d’altro, a ciò che resta di un accordo NATO ormai da tempo indebolito e reso obsoleto, dalla disgregazione degli Stati Nazione e dal crollo del grande “Nemico Rosso”. Una debolezza che la politica ricattatoria nazionalista dell’amministrazione Trump attuata nei confronti dell’Europa non ha certamente contribuito a rinforzare. E a tale proposito, non sono certo state accettate di buon gusto, per i paesi europei ed in particolare per Germania e Francia, le richieste di aumento del contributo alle spese Nato o i dazi doganali come ritorsione reale ai rapporti commerciali aperti parallelamente con Cina e Russia.
Non è bastato ai governi riformisti liberisti che si sono susseguiti dalla nascita dell’Europa economica, perché quella dei popoli non esiste, il ricordo del lungo periodo in cui gli USA contavano sia militarmente che economicamente, per riuscire a resistere a questo loro abbandono. Anzi questo, offesi dall’essere considerati mera colonia statunitense, ha contribuito a dare maggior slancio ad una autonomia economica nazionale che di fatto sta sempre più mettendo in crisi la tenuta stessa dell’Europa. Anche e soprattutto economica.
Del resto la politica dell’amministrazione Trump rivolta all’Europa, non è stata molto differente dal suo predecessore. Quel presidente Barak Obama, premio Nobel per la Pace, che con Hillary Clinton e Biden, invece di occuparsi dell’Europa e della crisi da loro provocata, erano impegnati a finanziare i gruppi jihadisti, ad autorizzare omicidi preventivi mirati (5) e a perseguire una politica militare volta alla destabilizzazione di tutto il Medio Oriente. Una politica che ha contemporaneamente alimentato e sdoganato in chiave anti Siria, le idee imperialiste ed espansionistiche del membro Turco NATO, guidata dall’ormai sovrano Erdogan.
Per non parlare poi dei rapporti USA, per entrambi i presidenti, con Israele e della loro condiscendenza alla politica colonialista ed espansiva volta a cancellare dalla Palestina non solo fisicamente la sua popolazione, ma anche le radici della loro millenaria cultura.
L’amministrazione Trump certo ha consentito operazioni pericolose e fondamentali, come il dichiarare Gerusalemme capitale d’Israele, che forse Obama non avrebbe mai autorizzato, ma non possiamo dimenticare la politica degli insediamenti attuati da Benjamin Netanyahu durante la sua amministrazione. Bassam Saleh, giornalista palestinese, ha infatti affermato che:
“Gli Stati Uniti rimangono il sostenitore e incubatore di coloro che hanno occupato la mia terra e sfollato il nostro popolo e continuano a praticare una politica di oppressione, discriminazione, uccisione e arresti contro il popolo palestinese…non vedo alcuna differenza tra Democratici e Repubblicani nella loro visione di coloro che hanno occupato la nostra terra la Palestina, poiché entrambi considerano la protezione e la difesa dell’entità occupata una strategia ferma nella politica americana, anche se questo porta alla fine e alla liquidazione della causa palestinese e del suo popolo”. (6)
Una politica che Biden non credo cambierà anche perché, a garantirne la continuità, non a caso, è stata nominata come sua vicepresidente, Kamala Harris (7), sposata con l’avvocato Douglas Emhoff un potente ebreo sionista di Brooklyn. Lo stesso che ha apertamente appoggiato “per combattere i pregiudizi anti-israeliani”, la mozione contro la risoluzione 2334 dell’ONU in cui si condannava Israele per gli insediamenti illegali in Cisgiordania. La stessa Harris del resto, da senatrice, fin dal 2017 è nota per le sue posizioni filo-israeliane, il suo appoggio all’apartheid contro i palestinesi ed è contraria a qualsiasi limitazione agli aiuti militari e finanziari USA a favore di Israele (8). Soprattutto perché, come dichiarato in un intervista il 19 giugno 2019 al New York Times:
“Israele soddisfa gli standard internazionali in materia di diritti umani”.
Rassicurando così nella loro azione, Netanyahu e il suo alleato centrista, il ministro della difesa, Benny Gantz. E’ infatti, anche difficile dimenticare che la Harris è riuscita, appena ufficializzata la sua candidatura, a raccogliere in un solo giorno per la sua campagna elettorale, 1.5 milioni di dollari, polverizzando il record che era stato dell’altro Dem Bernie Sanders.
Se questo è il contesto americano in cui ci muoviamo, come sarà possibile affrontare le prossime sfide economiche e militari che ci attendono?
Fondamentale sarà il contesto in cui Biden si muoverà nella politica estera praticamente inesistente per Trump se non rivolta solo a gratificare e proteggere Israele e muoversi in Asia in chiave anti Cina. Anche se credo che, a differenza dell’amministrazione precedente, che mirava ad mantenere un consenso interno, Biden proverà ad agire in Europa in modo da incidere sui rapporti politici delle nazioni che la compongono, sino a limitarne l’autonomia, soprattutto economica e di sviluppo. L’Europa è il mercato più grande del mondo e qui, ancora una volta, si giocheranno importanti contrasti mercantili e militari tra le potenze USA, Russia, Turchia e Cina.
L’abbandono attuato dagli USA, di cui abbiamo parlato prima, ha lasciato libera azione alla Cina con la sua “nuova via della Seta” e alla Russia, entrambi partner fondamentali soprattutto per la Germania. Del resto, Cina e Russia sono diventate fondamentali per l’uscita dalla stagnazione economica che da troppo tempo attanaglia l’Europa. Per questo, il nuovo corso politico che potrebbe intraprendere gli USA, può rappresentare un serio problema per Germania e Francia ma anche per tutta l’Europa.
Se da una parte Trump ha lasciato l’Europa nella condizione sopra descritta, Biden potrebbe, infatti al contrario, rappresentare un problema serio per l’uscita dell’Europa dalla crisi economica. Ad esempio, se la nuova presidenza americana dovesse rivendicare la sua priorità strategica nel vecchio continente e nel mediterraneo, imponendo politiche protezionistiche nei confronti dei rapporti con Russia e Cina, senza contribuire a portare nuovo sviluppo, come è avvenuto nel secondo dopoguerra, il nazionalismo dei singoli paesi, potrebbe raggiungere il suo massimo sostegno.
L’Europa ha bisogno di risposte immediate e non questo disastroso impasse politico-mediatico. Ha bisogno di illudere in modo evidente, che il capitalismo e il dominio del libero mercato, possa rappresentare una nuova forma di distribuzione della ricchezza. Ha bisogno di tornare a vendere come fumo negli occhi, un irrealizzabile nuovo e prosperoso “sogno Europeo”.
Del resto alcuni processi di disgregazione sono già in atto da tempo, come ad esempio, l’espansionismo colonialista francese. La sua autonoma ingerenza attuata in Mali, nel “Maghreb”, in particolare in Libia e Libano (9), sono un esempio concreto, confermato ulteriormente dallo schieramento di navi da guerra. senza mandato europeo, contro la Turchia in difesa dei giacimenti di Gas al largo della Grecia (10).
La questione Turchia
La Francia, possa piacere o meno, è stata l’unica ad agire concretamente difronte alla questione Turca. Un problema che prima o poi ci scoppierà tra le mani. Del resto noi europei continuiamo a non vedere che uno dei miglior partner militare della Nato si sta muovendo per la ricostruzione del grande impero ottomano che, a parer suo gli sarebbe stato defraudato alla fine della prima guerra mondiale. Un problema economico e militare apparentemente tamponato dall’Unione Europea, attraverso l’approvazione di un decreto che prevede la riduzione della vendita di armi, ma che in realtà rischia di riportare in Europa un importante conflitto (11).
In realtà, tutti i paesi europei stanno commerciando con la Turchia, non solo con import ed export di prodotti industriali ma anche e soprattutto, come l’Italia, con prestiti bancari (12) e vendita di armi. Le stesse armi che Erdogan sta distribuendo alle milizie jihadiste che marciano contro l’occidente o contro il popolo kurdo, usato come unica vera barriera militare interposta per fermare l’avanzata degli integralisti islamici in marcia verso l’Europa (13). Un popolo a cui abbiamo fornito armi, promesso riconoscimento, abbandonato e considerato terrorista. Stesso trattamento riservato ai nostri volontari italiani accorsi in loro e nostro aiuto, che al rientro in patria, vengono processati “perché soggetti socialmente pericolosi”(14).
Al dispetto della questione “Pace”, in Europa nulla viene fatto per impedire il libero commercio delle armi. Infatti, è un dato oggettivo che, soprattutto in questo momento di crisi economica, il mercato delle armi purtroppo è l’unico costantemente in crescita (15). Un problema importante, anche per l’Italia, che dovrebbe preoccuparci non solo in rispetto alla Costituzione ma, soprattutto, per l’importante ruolo geopolitico e strategico militare che ha nel mediterraneo e potrebbe avere, economicamente, negli anni futuri.
Ed è proprio per questo che la nostra scelta di Pace, dovrebbe proprio partire dal blocco della vendita di armi non solo alla Turchia ma anche a tutti quei paesi che non rispettano i principi Costituzionali a cui i nostri governi dovrebbero fare riferimento.
Abbiamo dovuto attendere il 2019 perché il nostro Governo approvasse una legge che rallenta le autorizzazioni rilasciate per l’esportazione di sistemi militari italiani, senza che questo potesse però incidere nell’immediato, alla forniture di armi italiane a regimi autoritari (16). In particolare dell’area mediorientale e dell’Africa settentrionale.
Molto probabilmente dispiace rinunciare ad un giro di affari che nel 2019, nonostante il perdurare dei conflitti e delle tensioni da noi respinte, ammontano a 1,334 miliardi di euro, pari al 32,6% di tutte le autorizzazioni rilasciate dall’Autorità nazionale Uama (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento) a carico del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale (Maeci).
Armi comprate indirettamente oltretutto con i finanziamenti che Unicredit, ovvero lo Stato Italiano, ha prestato al regime turco. Prestiti per oltre un miliardo di euro, ufficialmente indirizzati ai tre gruppi attivi nella regione di Mugla per realizzare centrali a carbone altamente inquinanti. (17)
Del resto il rapporto tra Turchia e banche italiane è ben espresso nel comunicato stampa rilasciato dall’ABI, del 2 maggio 2012, dove si comunica che:
“… sono a disposizione oltre 8 miliardi per le imprese in Turchia. Nella delegazione italiana dieci dei principali gruppi bancari insieme a istituzioni e imprese italiane che vogliono operare in Turchia. A tanto ammonta il plafond messo a disposizione dal settore bancario per finanziare le esportazioni e gli investimenti degli imprenditori in un Paese con tassi di sviluppo tra i più alti a livello internazionale (+7,8% nel 2011), ponte strategico tra Europa, Asia e Medio Oriente”. (18)
Il dato era stato presentato al Forum economico svolto a Istanbul in occasione della missione economica organizzata da ABI, Confindustria, Unioncamere e Rete Imprese, con ICE ed insieme ai Ministeri dello Sviluppo Economico e degli Affari Esteri. Alla missione avevano partecipato una numerosa delegazione bancaria, guidata dal Vice Presidente dell’ABI Guido Rosa, che rappresentava circa il 70% del settore in termini di totale attivo.
Se si osservano i dati d’analisi sulla Turchia da “Info Mercati Esteri” del Ministero degli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale, aggiornato al 6/11/2020 (19) si può chiaramente appurare che in Turchia c’è un “clima favorevole per gli investimenti” perché:
“Economia è in crescita, la popolazione giovane e istruita, posizione strategica e unione Doganale con l’Unione Europea dal 1996”. Nel 2019, dopo Russia, Cina, Germania e Stati Uniti, l’Italia si è conferma quinto fornitore della Turchia ed il terzo cliente dopo Germania e Regno Unito.
Del resto il Ministero non nasconde che:
“I rapporti economico-commerciali con la Turchia sono eccellenti e l’Italia si colloca sempre ai primi posti tra i principali partner del Paese. L’interscambio commerciale ha raggiunto 17,9 miliardi di dollari, con 8,6 miliardi di esportazioni italiane verso la Turchia e 9,3 miliardi di export turco verso l’Italia”.
Anche per quanto riguarda gli Investimenti Diretti Estero (IDE), l’Italia nel 2018 ha investito 523 milioni di dollari, 128 milioni del 2017 e ha confermato la propria presenza nel Paese con oltre 1.400 aziende. Una collaborazione economica che vede l’importante ruolo delle banche italiane; una consolidata presenza di grandi gruppi dell’industria manifatturiera, in particolare gruppi italiani nei progetti di produzione e connessione energetica; la partecipazione allo sviluppo infrastrutturale del Paese, ed infine, ciliegina sulla torta, la cooperazione nel settore della difesa.
Questi dati in realtà non evidenziano che la Turchia e il potere indiscusso di Erdogan sorretto da “Un misto di speculazione edilizia e creazione di una borghesia islamista”(20), rappresenta oggi il pericolo maggiore per l’Europa, né che è un grave errore continuare a “fare affari” con questo Stato, ma soprattutto, non difendere e appoggiare quella parte attiva e democratica della società turca perseguitata da Erdogan. Politiche invece assunte per altri stati come Ucraina o Bielorussia (21). Una cecità che induce allo stesso errore dei paesi industrializzati e capitalisti mondiali, in particolare USA e Inghilterra, nei confronti della Germania di Hitler e del suo alleato Benito Mussolini lasciati liberi di scorrazzare e rafforzarsi con la speranza che potessero essere usati contro l’Unione Sovietica e il diritto dei popoli di avere diritti e una vita dignitosa.
Permettere che l’esercito turco possa muoversi indisturbato in Medio Oriente in particolare Siria, Iraq e Libia, gli consentirà di rafforzarsi ed essere idealizzato, dal popolo oppresso arabo, come l’uomo forte da seguire. Un serio pericolo per tutta l’area mediterranea che dovrebbe essere zona di rapporti politici, culturali e commerciali fondamentali per l’Europa ed in particolare per l’Italia.
Del resto ai mercati soprattutto finanziari non interessa considerare questo pericolo perché il loro obiettivo è creare ricchezza per pochi e ingenti profitti per se stessi, anche se questi sono accumulati sulla pelle dei perseguitati di quel paese. (22)
LINK:
2. https://it.euronews.com/2020/12/25/brexit-a-natale
3. https://www.wallstreetitalia.com/primarie-usa-bernie-sanders/
4. https://www.open.online/2020/11/10/usa-2020-ocasio-cortez-biden-harris/
5. https://www.ilfattoquotidiano.it/2012/11/29/guerra-dei-droni-e-degli-omicidi-mirati-2/430493/
7. https://www.money.it/chi-e-kamala-harris-scelta-vicepresidente-da-joe-biden
8. https://www.invictapalestina.org/archives/40796
9. https://www.repubblica.it/esteri/2020/09/27/news/libano_governo_macron-268738788/
12. https://www.abi.it/DOC_Info/Comunicati-stampa/133596205969440_missioneturchia_2_5_2012.pdf
13. https://reportage.corriere.it/esteri/2015/kobane-la-guerra-degli-italiani/
15. https://www.osservatoriodiritti.it/2020/05/21/armi-italiane-nel-mondo/
16. https://www.money.it/armi-turchia-quanto-vale-vendita-armamenti-italia
17. https://espresso.repubblica.it/plus/articoli/2019/10/21/news/soldi-italiani-carbone-turchia-1.340076
18. https://www.abi.it/DOC_Info/Comunicati-stampa/133596205969440_missioneturchia_2_5_2012.pdf
19. http://www.infomercatiesteri.it/paese.php?id_paesi=95#slider-2
20. https://nena-news.it/libri-cemento-e-islam-loro-della-turchia/
21. https://www.ilsole24ore.com/art/la-ue-approva-sanzioni-contro-bielorussia-e-avverte-turchia-ADUEr8s?refresh_ce=1
22. https://www.agi.it/estero/armi_turchia_export_embargo-6358020/news/2019-10-15/