Ricostruire la Pace dalle radici del conflitto è quello che avrebbe dovuto fare l’Unione Europea, invece, sembra non curarsi della tragedia dai contorni sempre più cupi. Perchè, sono ormai dieci giorni che la Russia ha superato con le truppe, non solo il suo confine geografico ma anche quello del tempo, riportando la vita in Europa agli anni ‘30 del vecchio secolo.
Nessuno nega la gravità dell’azione compiuta da Putin nell’invadere l’Ucraina e del pericolo profondo che questo oligarca sta creando ma, decontestualizzare gli eventi che hanno caratterizzato quella nazione in questi ultimi 10 anni, si rischia di finire complici del massacro in atto.
Ancora una volta la limitata politica europea auto-centrica, imbastita da razzismo, machismo e maccartismo occidentale, e la questione profughi, ne è un esempio, sta realmente contribuendo ad aumentare il conflitto. Uno scontro lasciato totalmente in mano alla popolazione ucraina, armata di tutto pugno, negandogli anche quella copertura aerea, oggi fondamentale per vincere ogni conflitto. E’ necessario, invece, agire subito in modo da impedire che il conflitto possa trasformarsi in un lungo periodo, combattuto tra le case delle città assediate.
L’Europa non può stare a guardare il precipitare degli eventi sperando che qualcuno gli risolva i problemi che ha in casa. Soprattutto che siano quelli, a cui ha giurato fedeltà, che non solo hanno contribuito a provocare questo disastro, ma risiedono anche a migliaia di chilometri dalle zone di fuoco. Per questo, è necessario che l’Europa. da subito, si proponga come mediatore di un tavolo di trattative per riuscire a fermare il conflitto. Un lavoro politico che andava fatto ancor prima dell’invasione stessa, dato gli elementi da tempo evidenti (1).
Oggi, anche se apparentemente potrebbe sembrare il contrario, le armi non servono a nulla, dato la potenza reale di fuoco, ancora solo minimamente attuata, dall’invasore. Se attendiamo ancora, Putin conquisterà il resto dell’Ucraina e sarà sempre più difficile fermarlo senza che rialzi le sue richieste. Gli strumenti politici ci sono e non si può accettare che la scelta politica dell’Europa, sia schiacciata tra quella di stare a guardare, dichiarando di fatto guerra per procura allo stesso popolo ucraino e quella di applicare delle sanzioni economiche.
E’ lo stesso generale Leonardo Tricarico, ex capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica e comandante delle forze italiane durante la guerra in Kosovo, a lasciare basiti i vertici politici del nostro paese, intervenendo a RaiNews24. Nonostante l’aver affermato che Putin andrebbe processato per crimini di guerra, non si esime dall’esprimere (1.1) che il segretario generale della NATO Stoltenberg , continua ad agire e a portare il punto di vista degli USA senza consultarsi con gli alleati; che la Nato è “ossessionata dell’allargamento ad Est” e che questa organizzazione si basa su un accordo militare di tipo difensivo che non ha nulla a che vedere con la guerra in corso.
“Ma soprattutto – continua il Generale – si è gettato benzina sul fuoco, promettendo l’ingresso all’Ucraina nella NATO, facendoli credere così di poter godere di una protezione che non poteva garantire. E questi sono i risultati”.
Una responsabilità ampiamente suddivisa con il Presidente Baiden che, come tipico delle politiche USA, sconvolge l’equilibrio politico dei paesi che considera suoi satelliti, in nome di una pseudo Democrazia densa di valori da difendere che, in realtà non rispettano quando sono in gioco i loro interessi. Una politica che apparentemente viene spacciata come necessaria per ristabilire l’equilibrio mondiale ma che in realtà nasconde solo il mantenimento del proprio impero politico e commerciale. Un equilibrio pagato, dall’Iraq alla Siria etc. a suon di macerie e morti per lo più civili locali.
Quando parlano le armi e non le diplomazie, “l’occhio per occhio e la vendetta” diventa difficile fermarle. Per questo nella discussione, su quel tavolo delle trattative, non sarà possibile esimersi dal porre alcune riflessioni fondamentali sulle radici di questo conflitto. Per lo più omesse dai media nazionali. Provare innanzitutto a liberarsi e superare quell’atteggiamento russofobo assunto dall’Europa che, indiscriminatamente, ha deciso di colpire tutto ciò che è Russo.
Dal direttore della Scala di Milano, Valery Gergiev, esonerato (2) per mancata abiura nei confronti di Putin agli atleti delle competizioni internazionali (3). Per non parlare poi di quella violenta scelta del comitato para-olimpionico, di escludere 83 atleti della Russia e della Bielorussia dalla competizione (3.1). Alla faccia di chi, anche nel nostro paese, sbandiera i valori delle competizioni olimpioniche volte a far incontrare in Pace, tutti i popoli della terra. Una vergogna soprattutto umana e insultante degna di chi crede che la guerra e lo scontro possa risolvere questo problema. Un danno morale inflitto senza pietà, nei confronti di questi ragazzi che, quotidianamente, lottano per superare il loro disagio fisico e anche psicologico. Una battaglia personale che con un impegno ammirevole, gli ha consentito, tutti i giorni, di allenarsi per poter gareggiare.
Ma come si è arrivati a tutto questo e quali le motivazioni spesso strumentali del conflitto?
Al crollo dell’URSS, nascono nazioni, come la Bielorussia, Azerbaijan o il Kazakistan, apparentemente indipendenti, ma governate in realtà da “ex” fedelmente legati alla madre patria russa. Governanti come Lukashenko, Aleev o Nazarbayev non hanno mai nascosto questo loro continuo appoggio. E questo gli ha consentito certamente di poter godere di maggiori aiuti di altre nazioni satelliti.
L’Ucraina invece, decide di intraprendere un percorso differente e anche a causa di questo, si impoverisce, soprattutto per il crollo delle sue aziende Statali e della conseguente tutela sociale. Base fondante delle politiche comuniste del paese. Al suo posto, la transizione ad un nuovo sistema economico senza tutele che ha conseguentemente visto prevalere soprattutto i più forti, spesso ex membri del partito, funzionari dello Stato, malavitosi o futuri magnati senza scrupoli. Dall’altra parte, un popolo sempre più povero e senza tutele. Un situazione questa, che il popolo non poteva più tollerare e a gran voce con mobilitazioni, chiese nel 2004, un forte rinnovamento.
Scoppia la “Rivoluzione Arancione” di piazza Maidan, che prende sempre più forza grazie alla reazione violenta delle forze di polizia di Governo, provocate anche da episodi di violenza attuate dalle organizzazioni di estrema destra filo naziste, presenti nelle piazze.
Il Governo non potendo più resistere, si dimette, e le elezioni vengono vinte, nel 2005, dal professore Victor Yushenko che purtroppo si dimostra un pessimo statista e soprattutto politicamente ingenuo. Un limite che non gli permette di comprendere il pericoloso rapporto instaurato con la filo nazista Yulia Timoshenko, sua Primo ministro, che da tempo alimenta lo scontro nel paese, accrescendo la propria popolarità, attraverso la proclamazione e richiesta di maggiori politiche aggressive anti-Russia ma soprattutto anti-russi. Un atteggiamento che esacerba gli animi e alimenta un pensiero razzista e segregazionista che, non solo omette dal dibattito pubblico una parte importante ancora della popolazione ucraina ma, sostiene e giustifica le attività di organizzazioni paramilitari neonazisti che non disdegnano di agire con azioni violente.
In questo clima di scontri, accompagnato da un ininterrotto impoverimento della popolazione disillusa dal mancato rilancio dell’Ucraina, anche questo governo si dimette e le elezioni sono vinte dall’omonimo Victor Yanukovich, espressione della parte russofona e russofila del paese. Fra cui il Dombass appunto, essendo lui stesso nato a Donetsk. Yanukovich è un ex malavitoso, controllato dal servizio segreto russo FSB, e questo gli permette di riprendere il rapporto politico dell’Ucraina con la Russia e interrompere il processo di occidentalizzazione tanto alimentato e stimolato dai paesi occidentali ed in particolare dagli USA. Ma soprattutto, interrompe il processo politico volto a portare l’Ucraina ad aderire all’Unione Europea, precedente avviato (novembre 2013).
Nella piazza torna la rabbia, alimentata da un forte disagio sociale, disoccupazione e corruzione, che gettano le condizioni per una nuova rivolta (Euromaidan), animata soprattutto dai giovani provenienti dalla parte occidentale del paese .
Scatta la reazione del Governo. Le forze governative vengono immediatamente accusate, dalla “comunità internazionale”, di eccessiva violenza esercitata sui pacifici manifestanti. Un evento che provocherà un‘ulteriore reazione da parte della Polizia e il conseguente, forse voluto, fallimento di ogni possibile intesa. Anche a causa del rifiuto a trattare della piazza, forte del sostegno ottenuto dai paesi occidentali.
Sotto i ripetuti assalti, nel febbraio 2014, il presidente Yanukovich viene rimosso attraverso un vero e proprio colpo di Stato, sostenuto dagli USA, attuato senza remore e nonostante fosse stato democraticamente eletto e certificato dagli osservatori internazionali. Azione attuata essenzialmente con l’obiettivo di instaurare un Governo anti Russia.
A fare il lavoro sporco, saranno soprattutto le frange organizzatissime spesso filo naziste dietro le quali, fra gli altri, c’è la stessa Timoshenko. Un‘azione che non può essere tollerata da quella parte del paese che, non solo lo aveva eletto ma, la percepisce come un atto di possibile repressione nei confronti delle minoranze russe a cui già da tempo era vietato addirittura parlare in russo. Inizia così, da lì a poco, una vera e propria controrivoluzione.
Lugansk, Donetsk, Sebastopoli insorgono e occupano gli organi istituzionali locali.
Il governo centrale instaurato, riconosciuto e forte di un mandato internazionale ed Europeo, invia l’esercito in quei territori, affiancato anche da gruppi filo-nazisti, come il “Battaglione Azov”(4) di chiara ispirazione, mai negata, alla SS Waffen «Galicina» tedesco (5) e volontari di estrema destra, come Casa Pound, proveniente da altre nazioni non solo europee. Un gruppo, con tanto di divisa e stemma riconosciuto dalle forze di governo, lasciato libero di agire, in loro appoggio, contro le popolazioni locali. Atti di violenta repressione rivolte indiscriminatamente verso donne e bambini bruciati vivi nelle loro case. Azioni che conseguentemente non potevano che provocare un inasprimento della guerra civile in atto. Uno scontro e un massacro della popolazione locale bombardata e repressa, ormai da 8 anni, senza che nessun Consiglio Europeo o Corte Internazionale abbia mai condannato tale violenza.
In questo contesto, la Russia di Putin sfrutta l’occasione e grazie all’invio di rinforzi tecnici e paramilitari, conquista la Crimea, senza sparare un colpo.
Il 16 marzo 2014 in Crimea, infatti, con un referendum vinto dai separatisti con il 97%, viene proclamata la sua indipendenza e la successiva annessione alla Federazione Russa. Stesso risultato referendario nella regione del Donbass, a Lugansk e Donetsk, vinto dai separatisti con il 79% dei voti. In seguito ai risultati, riconosciuti nel panorama internazionale soltanto dalla Russia, vennero proclamate le Repubbliche Popolari di Donetsk e di Lugansk. Una decisione che non ferma gli scontri e che viene apparentemente congelata, grazie ad un accordo internazionale firmato con il governo ucraino, a Minsk il 15 febbraio 2015. (6).
Nonostante questo accordo, il Governo Ucraino, non accettando la perdita di sovranità e la presenza della Federazione Russa su quei territori, decide di fatto, di non interrompe la repressione, delegandola ai gruppi paramilitari presenti nell’area e bombardando e massacrando la popolazione locale.
L’obiettivo è quello di provocare un ulteriore violenta reazione armata di quelle popolazioni, che gli avrebbe permesso di poter intervenire con azioni di guerra, coperte internazionalmente dal diritto alla difesa dall’ingerenza della Federazione Russa. Un azione questa, che è proseguita per oltre 8 anni. Sino al 24 febbraio 2022, giorno dell’inizio dell’invasione.
In questa sua azione, il governo ucraino, non ha certamente tenuto conto però, delle situazioni internazionali vigenti da tempo, non solo in quell’area, riguardante lo scontro in atto tra Cina, USA e Russia. Un “gioco di guerra per procura” in cui l’Ucraina può essere considerata una pedina in mano USA, tranquillamente sacrificabile su quel complicato scacchiere internazionale.
Costruire la Pace ripartendo dall’accordo di Minsk
Premettendo che ogni azione di guerra o invasione non può essere giustificata e che deve richiedere un’azione forte da parte della comunità internazionale, se si vuole però riportare la Pace tra quei popoli. Bisogna ripartire proprio da quell’accordo di Minsk. Soprattutto, a cominciare da un reciproco riconoscimento umano, culturale e politico. Pena la reciproca strumentalizzazione esercitata sulla pelle di quelle popolazioni e fuori dai confini stessi di quel paese.
Un pericolo che l’Unione Europea sta alimentando, perdendo ancora una volta l’occasione di poter tutelare unitariamente i propri interessi, senza rimanere schiacciata, come un vaso di coccio, nella stanza dei giochi bellici delle potenze militari mondiali. Soprattutto se, l’Europa non riuscirà a liberarsi dal dominio soggiogante degli USA, interponendo il valore della Pace scritta con il sangue nelle nostre Costituzioni, alla soluzione armata deliberata nei giorni scorsi (6.1). Così, rischia non solo di farsi molto male economicamente ma, di gettare al vento tutti i sacrifici fatti dal suo popolo in nome della costruzione di un Europa pacifista e libera da ogni fascismo.
Basta con gli inutili tatticismi e la strumentalizzazione dei sui tanto sbandierati valori di democrazia, se poi si agisce “senza politica” rischiando così di allargare ulteriormente il conflitto. Forse anche con un alto rischio nucleare.
Bene il blocco economico di una nazione ormai interconnessa con i mercati finanziari mondiali ma senza umiliare il suo popolo. Al contrario, un giusto e sano suo riconoscimento e appoggio soprattutto a quelle oltre 7000 persone arrestate a Mosca per le proteste contro la guerra.
Anche perché, alla fine, sarà l’unico che pagherà sulla propria pelle, gli orrori di quella guerra.
Bisogna agire ora e subito, in modo contrario a quello dei Governi Europei, rappresentanti ormai solo di lobby economiche, che stanno attuando il blocco delle transazioni finanziarie, con quella parsimonia atta ad impedire soprattutto, che non si interrompano le nostre forniture di gas, che proprio ieri, abbiamo continuato a pagare alla Federazione Russa e di materie prime, compreso il commercio di armi, tanto attivo in questi ultimi anni.
La stessa soluzione, votata due giorni fa all’ONU (7), passata ma con l’astensione della Cina, non prova a superare l’attuale situazione ma condanna solo l’atto della Russia, non permettendo nessun “corridoio di dialogo” o un riconoscimento delle motivazioni della Federazione Russa. Alimentando così ancor più il loro arroccamento e il pericolo di un estensione del conflitto.
La Federazione Russa non può certo impedire agli Stati sovrani di aderire all’Europa ma può certamente avanzare, come del resto hanno sempre fatto gli Stati Uniti, la richiesta che sia garantita la propria integrità. Come fu fatto in passato con un accordo firmato tra USA e URSS per i paesi non allineati, alla fine della guerra fredda. Una promessa di non allargamento della NATO(8) ai paesi satelliti dell’ex URSS, da sempre violato dagli USA. Almeno che, quell’accordo non preveda la non installazione di basi militari e postazioni missilistiche.
Se questo principio fosse stato rispettato, una soluzione, come fu previsto dalla nostra Costituzione in rispetto alle minoranze linguistiche delle regioni a Statuto Speciale, poteva essere trovata. Anche se credo, che il problema non sia quello, ma ben altro: la lotta per la stabilizzazione dei rapporti di potere che in questa nuova fase della storia stanno cercando la propria stabilità e sicurezza.
E’ ormai evidente la chiusura di un ciclo storico in cui le vecchie potenze economiche e militari volgono al termine e non accettano questo loro superamento esercitato, soprattutto, dalla potenza incontrastata dei mercati globalizzati. Un mercato, senza confini nazionali e popoli, che possa decidere come proseguire nel suo progressivo e totalizzante dominio. Da qui, la rinascita dei Nazionalismi e della Supremazia della Nazione come valore di forza militare e di dominio e non culturale, di sviluppo e rispetto reciproco.
Ma, in questo processo di trasformazione, attuato con nascita e scomparsa di nuove oligarchie, democrazie autoritarie e guerre coloniali, riuscirà il nuovo capitalismo a sopravvivere a sé stesso? E l’essere umano?
1 – http://alkemianews.it/index.php/2022/02/20/ucraina-usa-guerra-alla-russia/
3 – https://www.avvenire.it/agora/pagine/lo-sport-si-indigna-cacciata-la-russia
4 – https://europa.today.it/fake-fact/chi-sono-nazisti-ucraini.html
5 – https://ilmanifesto.it/un-sabato-nazista-a-leopoli-lucraina-e-sempre-piu-nera/
6 – https://www.lafionda.org/2022/02/28/che-cosa-sono-gli-accordi-di-minsk-di-cui-tutti-parlano/
6.1 – http://alkemianews.it/index.php/2022/03/02/no-invio-armi-e-international-legion/
7 – https://www.onuitalia.com/2022/03/02/ucraina-mondo-unito-condanna-mosca-ritorno-diplomazia/
8 – https://www.startmag.it/mondo/nato-est/