UNRWA: UN’ORGANIZZAZIONE TEMPORANEA DI 75 ANNI

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L’UNRWA (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East) è stata fondata in base alla risoluzione 302 del 8 dicembre 1949 dell’Assemblea Generale dell’ONU, connessa alla risoluzione 194 approvata un anno prima, relativa al diritto al ritorno dei profughi palestinesi alla loro terra. Quest’ultima risoluzione ha aggiunto una dimensione politica alla decisione di fondare l’UNRWA, soprattutto nei termini di un contributo positivo al ritorno dei rifugiati alle loro case, da cui erano stati espulsi con la forza dalla creazione dello Stato di Israele.

Tra le raccomandazioni dell’Assemblea Generale dell’ONU c’era l’incarico di dare assistenza ai rifugiati finché si fosse trovata una soluzione permanente alla loro causa. Questo appoggio includeva programmi di aiuto per educazione e salute, opportunità di lavoro, programmi di assistenza e servizi sociali.

Inizialmente era stata fondata come organizzazione temporanea per assistere i rifugiati palestinesi dopo il 1948. Da allora il mandato viene rinnovato ogni tre anni.

L’UNRWA è un organo sussidiario dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che invece si occupa di aiutare tutti gli altri rifugiati nel mondo.
A differenza di altre strutture delle Nazioni Unite, come l’Organizzazione Mondiale della sanità e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, non ha uno statuto o una sorta di carta costitutiva ed è, con l’Istituto di Ricerca delle Nazioni Unite sul disarmo (UNIDIR), una delle due Agenzie del sistema ONU a dover riferire unicamente all’Assemblea Generale. (1)

Tra le agenzie delle Nazioni Unite è l’unica che gestisce direttamente i servizi destinati ai beneficiari.

La definizione operativa di “rifugiati palestinesi” ha subito nel corso degli anni alcune modifiche e la versione più recente ha stabilito che si considera come rifugiato:
“Ogni persona il cui luogo abituale di residenza era la Palestina tra il primo giugno 1946 e il 15 maggio 1948, che ha perso sia la casa e sia i suoi mezzi di sostentamento in conseguenza del conflitto arabo-israeliano del 1948”. (1)

Questa è una definizione operazionale non legale, utilizzata per distinguere chi ha diritto di usufruire dei servizi dell’UNRWA.

L’UNRWA, nel corso degli anni e a causa di altri conflitti sorti in quell’area, oltre ad aiutare i rifugiati palestinesi, in terra di Palestina, ha esteso la sua azione anche in altri luoghi e nazionalità. Ad esempio: agli sfollati dalla Palestina giunti in Libano a seguito alla guerra dei sei giorni (1967), come a causa delle operazioni militari israeliane del 2006, a cui si sono aggiunti altri 29.000 siriani fuggiti dal loro paese a causa del conflitto scoppiato in Siria.

Attualmente, l’area geografica di attività è limitata a Libano, Siria, Giordania, Cisgiordania e Striscia di Gaza e, i rifugiati palestinesi, quando si trovano fuori da queste zone, rientrano nel mandato dell’UNHCR e nella Convenzione del 1951.

In questi anni l’organizzazione è diventata un’istituzione che svolge compiti statali: per esempio, l’UNRWA offre assistenza sanitaria, formazione ed educazione e si occupa di misure relative allo sviluppo umano destinate a 6.200.000 persone di cui 5.500.000 sono rifugiati palestinesi.

L’UNRWA con circa 30.000 dipendenti di cui il 95% sono rifugiati palestinesi, è uno dei più importanti e stabili datori di lavoro all’interno della regione.
Provvede, inoltre, all’istruzione primaria e secondaria di circa 500.000 studenti, impiegando 21.924 dipendenti nel settore scolastico, tramite 699 scuole operative nei cinque territori di competenza. A seguito poi dell’embargo posto in essere da Israele nel 2007 sulla Striscia di Gaza, è di fatto l’unica organizzazione capace di fornire mezzi di sostentamento a circa l’80% della popolazione di Gaza, quindi, 1.800.000 persone dipendono esclusivamente dagli aiuti internazionali e, per la maggior parte, dall’UNRWA. (1)

Dopo settantasei anni di esperienza sul campo, non avendo il mandato e il potere di intervenire e interrompere le violazioni dei diritti umani compiute da Israele, svolge il suo sistema di protezione a favore dei rifugiati palestinesi attraverso la moltitudine di programmi, servizi ed iniziative, dimostrando la sua capacità di sapersi adattare in un sempre più mutevole scenario. Ma nonostante i suoi sforzi, dagli anni novanta ad oggi, i report e le risoluzioni della Commissione e del Consiglio ONU per i diritti umani hanno continuamente registrato e denunciato nuove violazioni dei diritti umani compiute da Israele.

Non è infatti sotto valutabile il fatto che, dopo più di cinquant’anni di occupazione illegale e di abusi, la realtà raccontata è la dimostrazione che questo sistema di protezione è insufficiente. Non è di certo a causa dell’operato dell’UNRWA, ma bensì degli attori politici in campo della comunità internazionale e dei presunti processi di pace israelo-palestinese. (1)

L’UNRWA nei campi profughi in Libano
L’Associazione “Per non dimenticare Odv” recandosi in Libano nei campi profughi palestinesi fin dai primi anni del 2000, ha avuto l’opportunità di conoscere direttamente la situazione dell’UNRWA e le sue difficoltà.

A marzo 2023, il numero totale di rifugiati palestinesi registrati in Libano dall’UNRWA è di 489.292 persone.
I registri dell’UNRWA mostrano anche un totale di 31.400 rifugiati palestinesi provenienti dalla Siria residenti in Libano. Tuttavia, la registrazione presso l’UNRWA è volontaria; i decessi e l’emigrazione rimangono spesso non denunciati e i rifugiati possono continuare a registrare i neonati mentre si spostano all’estero attraverso il sistema di registrazione online dell’UNRWA.

Nel 2017, il Comitato di dialogo libanese-palestinese insieme all’Ufficio centrale di statistica palestinese hanno effettuato un censimento tra i palestinesi che vivono in Libano e hanno segnalato un totale di 174.000 persone. Si stima che il 45% dei rifugiati viva nei 12 campi profughi del paese. Ogni anno circa 200.000 rifugiati in Libano accedono ai servizi dell’UNRWA.
La stima attuale dell’Agenzia relativa ai rifugiati palestinesi che risiedono attualmente nel paese è pari a non più di 250.000 persone. (2)

Gli altissimi tassi di povertà tra i rifugiati palestinesi (80%) in Libano sono il risultato di decenni di discriminazione strutturale legata alle pochissime opportunità di lavoro e alla negazione del diritto di possedere proprietà, aggravati oggi dalla recente crisi economica, fiscale e monetaria del paese.
Ciò colpisce ora la quarta generazione di rifugiati palestinesi in Libano che non sono in grado di accumulare e preservare la ricchezza generata e di entrare nelle categorie di reddito della classe media al di fuori delle opportunità di lavoro dell’UNRWA.
E’ infatti in questo contesto che l’UNRWA è diventata più che mai il principale riferimento per l’assistenza umanitaria e per i servizi di base rivolti ai rifugiati palestinesi.

Le massime priorità espresse dalla comunità dei rifugiati sono l’assistenza in denaro e la copertura del ricovero ospedaliero.
Nonostante il sostegno fornito dall’UNRWA, i rifugiati palestinesi si trovano ad affrontare sfide significative nel coprire la loro quota dei costi di ospedalizzazione.
La negazione del diritto di lavorare nelle principali professioni organizzate da sindacati professionali e la negazione di possedere beni immobili lasciano i rifugiati palestinesi che vivono in Libano, senza la capacità di poter generare e accumulare ricchezza attraverso la proprietà e l’eredità. (2)

Salvatore Lombardo, ex direttore dell’UNRWA in Libano, a fine settembre 2011, aveva lanciato una proposta per concedere ai rifugiati palestinesi diritti civili ed umani e la possibilità di equipararsi alle regole dell’Alto Commissariato dell’ONU. L’analisi che ha spinto Lombardo a presentare questa proposta è incontestabile: la situazione nei campi in Libano è insostenibile e centinaia di migliaia di persone sono discriminate, con il rischio di finire poi inghiottite dall’estremismo islamico.

La proposta di Lombardo è semplice. Concedere gli stessi diritti di cui godono i cittadini libanesi, permetterebbe ai profughi palestinesi di uscire dai campi, di trovare un lavoro, di aprire attività, di studiare e di acquistare le proprie case. Tutto questo, porterebbe stabilità al paese dei cedri, ma, non tutti sono d’accordo. Una parte del governo libanese (i partiti cristiani ed Hezbollah) teme che la concessione di diritti civili ai palestinesi possa rompere il delicato equilibrio esistente tra le varie confessioni religiose. I palestinesi, molti dei quali di religione sunnita, possono rappresentare un pericolo e nello stesso tempo, potrebbero essere usati come “capro espiatorio” in caso di un conflitto con Israele. (4)

I membri della commissione consultiva dell’UNRWA, il 15 e 16 novembre del 2017, hanno stimato le operazioni dell’Agenzia in Libano, con incontri e visite sul campo, illustrando ai presenti la condizione dei rifugiati palestinesi nel paese.

Nel corso di questa visita, il Direttore dell’UNRWA in Libano Claudio Cordone ha detto che:
“UNRWA si impegna a sostenere i rifugiati palestinesi e aiutarli a raggiungere il loro pieno potenziale e continuerà a lavorare per offrire ai giovani opportunità formative e educative, insieme ai servizi essenziali come l’assistenza sanitaria e quelli volti a migliore le loro condizioni di vita”.
Cordone ha poi aggiunto che “l’attuale situazione dei giovani rifugiati palestinesi è caratterizzata da sfide e ostacoli, ma la loro partecipazione attiva e il sostegno dei donatori e delle autorità libanesi possono offrire loro una speranza di un futuro migliore”. (4)

L’associazione “Per non dimenticare Odv” ha incontrato, il 17 settembre 2019, l’ex Direttore dell’UNRWA in Libano, Claudio Cordone.

Il direttore ha subito sottolineato che lo “status di profugo” dell’Agenzia di soccorso solo per il popolo palestinese, l’UNRWA, è tramandato per linea maschile a tempo indeterminato:
“Questa è una delle tante controversie sorte sulla figura di questo ente, infatti, gli israeliani e americani vorrebbero che i profughi palestinesi interessati fossero solo quelli ancora in vita dopo il conflitto del 1948. Il principio di passare lo statuto di rifugiato di generazione in generazione è un principio internazionale. Non è un’invenzione dell’UNRWA!”

Nella sua esposizione, il Dott. Cordone parla proprio che in quell’anno ci sarebbe stata una discussione dell’Assemblea generale degli Stati Uniti sul regolamento del mandato UNRWA.
“Ci aspettiamo – dice Cordone – una discussione abbastanza accesa, perché vogliono eliminare aspetti del nostro lavoro e ridurre il periodo di estensione del mandato. Oggi è di tre anni. Tutto questo, sempre, per cercare di chiudere l’ufficio dell’Urrwa”.

Il Dott. Cordone poi illustra la situazione nei campi profughi palestinesi in Libano:
“I rifugiati palestinesi in Libano hanno pochi diritti, ci sono 39 lavori che non possono fare, il livello di povertà è molto alto e le loro condizioni di vita sono tra le più difficili rispetto ad altre zone. Non hanno la nazionalità libanese. Il dibattito in Libano verte su come migliorare le loro condizioni rispettando il Diritto al Ritorno. La presenza poi di più un milione di rifugiati siriani sul territorio libanese non facilita di certo la discussione sul dare più diritti ai rifugiati palestinesi”.

Tra i ruoli dell’UNRWA vi è anche quello di provvedere a realizzare progetti infrastrutturali; la raccolta dei rifiuti; l’istruzione primaria e formazione professionale; l’assistenza sanitaria di base; i servizi sociali; allo sviluppo agricolo e a fornire micro-prestiti. Non è responsabile dell’amministrazione dei campi.

I 12 campi sono controllati direttamente dai palestinesi, attraverso i vari gruppi politici che, collaborando con lo staff dell’UNRWA, hanno uno scambio regolare sulle varie necessità dei diversi campi profughi.

Le Critiche e le difficoltà dell’UNRWA
L’UNRWA lotta da molti anni con una crisi finanziaria sempre più grave dovuta ad un modello di finanziamento squilibrato tra ciò che le Nazioni Unite si aspettano che l’Agenzia fornisca a più di sei milioni di rifugiati palestinesi e ad altre persone registrate nelle cinque aree di sua competenza e la natura volontaria dei contributi degli stati membri. (3)

La nostra associazione “Per non dimenticare Odv”, attraverso i viaggi nei campi profughi palestinesi in Libano, è stata testimone in tante occasioni della crisi finanziaria dell’UNRWA e delle conseguenze sui rifugiati causa i tagli dei suoi servizi.

Il responsabile del campo di Nahr el Bared in Libano nel 2012 ha affermato che l’UNRWA è riuscita a svolgere i suoi compiti solo fino a quella data. Anno in cui, infatti, l’Agenzia comunicava che si trovava in sofferenza per una mancanza, senza precedenti, di fondi necessari per il mantenimento dei suoi servizi essenziali.

Quasi tutti i suoi finanziamenti provengono da contributi volontari, donazioni ricevute da Stati, tra cui Stati Uniti, Unione Europea, Regno Unito, Norvegia e Svezia. Il programma di bilancio per il 2012-2013 mostrava però che l’Agenzia aveva già avuto una riduzione dei finanziamenti nel 2010 e che aveva previsto un peggioramento per il 2011 e 2012.
Il documento affermava esplicitamente di «operare in una situazione finanziaria difficile dove le disparità tra bilancio, entrate e spese, sono diventate ricorrenti».

Tuttavia, nonostante fossero stati previsti deficit, l’UNRWA non ha predisposto alcun piano per ridurre il suo bilancio, di cui il 75% (675 milioni di dollari) è destinato a pagare i salari dei lavoratori.

Il costo per retribuire i lavoratori dell’Agenzia è aumentato da 400 milioni di dollari nel 2008 a più di 502 milioni di dollari nel 2013. Costante, invece, si è mantenuta negli anni la spesa per le provviste mediche.

Nel viaggio del 2013 abbiamo partecipato ad una manifestazione di protesta dei palestinesi davanti alla sede dell’UNRWA a Beirut.

Queste sono le parole pronunciate dal nostro amico e compagno, Maurizio Musolino, scomparso nel 2016:
“Alla guida dell’UNRWA c’è un italiano, Filippo Grandi – comincia così – l’UNRWA è un simbolo della prevaricazione dei palestinesi perché quando l’hanno creata è per dire che i palestinesi sono diversi da tutti gli altri rifugiati. Noi invece riaffermiamo, sempre, il Diritto al Ritorno. Chiediamo all’UNRWA e a chi si occupa dei rifugiati, di rendere la vita dei rifugiati dignitosa. In questi giorni scriveremo una lettera all’UNRWA dove diremo tutto quello che il compagno Marwan Abdul Al del campo di Nahr el Bared ci ha detto nel nostro incontro. In particolare denunceremo le mancanze, i disimpegni e rallentamenti verso Nahr el Bared. Noi non possiamo fare molto, ma una cosa continueremo a farla, daremo voce alle vostre giuste proteste e richieste.”(4)

Già nel 2014 a Gaza, la situazione vissuta dai palestinesi era più difficile del solito perché l’UNRWA continuava a diminuire i suoi servizi rivolti ai rifugiati palestinesi. Sia a Gaza e sia in Cisgiordania e questo, naturalmente, si è riflesso pesantemente sulla parte più debole e povera del popolo. Considerando che il 70% degli abitanti di Gaza sono profughi, si può ben capire che la loro sopravvivenza dipende unicamente da quanto l’UNRWA è disposta a concedere.

I delegati dell’Ufficio esecutivo dei campi di Khan Younis, Nusseirat e Burij che incontriamo, raccontano:
“Fino a 40 anni fa non si parlava del popolo palestinese, eravamo solo una comunità che faceva la fila davanti le sedi delle Nazioni Unite per avere un pezzo di pane. Ora siamo un popolo e uno Stato riconosciuto dall’ONU. Tutto questo è avvenuto solo grazie alla nostra resistenza, ai sacrifici e alla lotta in tutti questi anni. Ci sono tre fattori essenziali, imprescindibili che riguardano i profughi: il campo, l’UNRWA e le decisioni della comunità internazionale. Questi costituiscono la testimonianza del crimine commesso contro il popolo palestinese. In questo momento, il livello della contestazione verso l’UNRWA è molto alto. E’ in atto, infatti, un progetto che ha come obiettivo la diminuzione dei fondi destinati al popolo palestinese, nell’attesa di liquidare la questione “profughi”palestinesi”. I paesi donatori che sostengono l’UNRWA sono paesi ricchi. Il costo delle guerre alla Libia, o Iraq o Afghanistan potrebbe coprire tutte le esigenze del popolo palestinese. Si preferisce, quindi spendere soldi per fare le guerre, piuttosto che destinarli alle necessità dei palestinesi. Non si tratta più di una crisi economica dell’UNRWA, ma bensì, di una questione politica”.

“Sarebbe stato meglio – prosegue un altro delegato dei tre campi – per noi essere sotto la giurisdizione dell’UNHCR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, perché il loro compito è quello di garantire il ritorno dei profughi nel paese d’origine, come è successo per gli afghani o i kosovari. Noi siamo fermi e decisi di portare avanti sia la Risoluzione ONU n. 194 sul Diritto al Ritorno e sia tutte le altre molteplici disposizioni, mai messe in pratica. Noi siamo uomini di pace, crediamo nella soluzione dei Due Stati, ma secondo i nostri principi. Secondo la “194” lo stato occupante ha l’obbligo di far ritornare tutti i profughi insieme ad un risarcimento per tutti i danni subiti. Negli ultimi anni, i servizi offerti dell’UNRWA, invece di aumentare per l’incremento che ha avuto la popolazione, sono in realtà diminuiti. E’ a causa della politica se, sia nel 2011 che nel 2012, l’ONU non ha riconosciuto lo Stato della Palestina. Ci sono altri paesi che hanno problemi, che soffrono, come la Siria o l’Iraq, ma la situazione della Palestina è diversa, perché qui esiste l’occupazione e l’espulsione dei suoi cittadini”. (5)

Due anni dopo, la situazione dell’UNRWA si è aggravata. Nel 2015 la nostra delegazione aveva tre mete: Cisgiordania, Giordania e Libano. Entrambe avevano un unico denominatore: il collasso economico dell’UNRWA. L’Agenzia dell’ONU non riceveva da molto tempo le quote di molti paesi aderenti alle Nazioni Unite, tra cui anche l’Italia. Questo significava che 750.000 bambini palestinesi potevano perdere il diritto allo studio e 22.000 insegnanti il lavoro. Un modo per cancellare la storia di un popolo. Tutti noi abbiamo avvertito la preoccupazione dei palestinesi dei campi.

L’UNRWA all’inizio del 2016 aveva tagliato la sanità ed i rifugiati dovevano pagare una parte delle spese mediche. I palestinesi muoiono anche per malattie curabili perché non possono pagare gli elevati costi delle cure mediche. I vertici dell’Agenzia hanno sempre smentito che ci fosse in atto congiure nei confronti del popolo palestinese, ma che il problema era solo la mancanza dei fondi.

A giugno 2017, il premier israeliano Benjamin Netanyahu affermava che l’UNRWA aveva fatto il suo tempo, non risolveva i problemi, quindi, andava chiusa.
“Dalla Seconda guerra mondiale in poi, ci sono stati – e continuano ad esserci tuttora – milioni di profughi, in tutto il mondo. Di loro si occupa l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i profughi (Acnur/UNHCR). I palestinesi invece continuano ad avere un’agenzia specifica anche se molti di loro si sono già sistemati. Questo organismo è l’UNRWA, con i suoi organi largamente responsabili di istigazione contro Israele. Rilevo con rammarico che con la sua stessa esistenza l’UNRWA perpetua – anziché risolvere – il problema dei profughi palestinesi. Per questo è arrivato il momento di smantellare l’UNRWA e trasferire le sue competenze all’UNHCR”.

Si deve ricordare a Netanyahu che il mandato dell’Agenzia è stato dato dall’Assemblea generale dell’ONU e solo tale Assemblea può cambiare questo mandato.
Il Commissario Generale di UNRWA Pierre Krähenbühl aveva ricordato il 14 novembre 2017, in un incontro all’Advisory Commission in Giordania, ai delegati presenti dei governi ospitanti e dei principali donatori, che il deficit per il budget operativo per l’anno corrente ammontava a 77 milioni di dollari.
Ha spiegato inoltre di aver recentemente informato il Quarto Comitato dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del rischio che, l’insicurezza finanziaria avrebbe potuto comportare nel garantire l’accesso ai servizi in tutti i campi operativi dell’Agenzia. Il Commissario Generale ha infine concluso il suo intervento con un urgente appello all’azione per colmare questo deficit finanziario e scongiurare le possibili ripercussioni sull’assistenza e i servizi dell’Agenzia. (4)

Nel nostro incontro del 2019, l’ex direttore dell’UNRWA in Libano, Claudio Cordone, tocca il problema “finanziamenti”. Ammette che ci sono state sempre in merito molte difficoltà ma che:
“Siamo sempre riusciti ad arrivare con i soldi a fine dell’anno. Nel gennaio 2018, gli Stati Uniti dopo una discussione all’interno della loro amministrazione, hanno ridotto il loro contributo a 60 milioni, trattenendo i restanti 300 fino ad una ulteriore decisione. Ad agosto dello stesso anno, arrivarono alla decisione di interrompere il loro finanziamento. Questo ha portato ad una perdita di un terzo del nostro budget, ma, poi grazie all’intervento di altri Stati, siamo riusciti a concludere l’anno”.

Gli Stati Uniti di Trump hanno quindi ufficialmente dichiarato che l’UNRWA deve sparire come del resto aveva dichiarato Netanyahu nel 2017.
Secondo loro, l’UNRWA è un’organizzazione che con il suo lavoro favorisce il conflitto, è troppo politicizzata e non offre nessuna soluzione, ma non hanno specificato chi dovrebbe poi prendere il suo posto. Infatti, il Segretario generale delle Nazioni Unite ha voluto puntualizzare che, non è nemmeno da discutere, l’ipotesi eventuale dell’entrata in gioco del Commissariato dei Rifugiati (UNHCR).
E’ ovvio, quindi, che il loro piano resta solo quello dell’integrazione dei rifugiati nei luoghi dove si trovano anche con l’imposizione dei relativi governi.

Claudio Cordone, inoltre, rispondendo ad una nostra domanda relativa alle accuse rivolte all’UNRWA alcuni mesi prima per abuso di autorità e cattiva gestione, affermava che :
“Sì, ci sono state delle accuse fatte ad alcuni nostri colleghi per abuso di potere, questioni di nomine, di favoritismi, ma nessuna di queste accuse riguardano i soldi o una corruzione. Comunque, a causa di tutto ciò, Belgio, Svizzera e Olanda hanno temporaneamente sospeso i loro contributi all’agenzia”.

Cordone termina il nostro incontro con queste parole:
”Il problema palestinese è un problema politico, l’UNRWA è lì solo per compensare il fallimento della comunità internazionale a trovare una soluzione politica, e di solito, siamo il capo espiatorio. Non vogliamo trovarci in questa situazione, abbiamo una funzione da fare, ma alla fine si tratta di trovare una soluzione politica”.

Note

(1) Libro “Apartheid in Palestina” di Gabriel Traetta – capitolo 2 “L’UNRWA e lo status di rifugiato palestinese –

(2) Sito: https://www.UNRWA.org/where-we-work/lebanon

(3) Sito: https://www.assopacepalestina.org/2022/11/15/risolvere-la-crisi-finanziaria-dellUNRWA-e-possibile-con-un-cambiamento-fondamentale-di-approccio-e-di-visione/)

(4) Sito: https://alkemianews.it/2019/01/09/la-memoria-dentro-i-campi-palestinesi-in-libano-iv-parte/

(5)Sito:http://www.alkemia.com/MedioOriente/UnatestimonianzadirettadaGaza5parte/tabid/1460/Default.aspx

(6) https://www.amnesty.it/apartheid-israeliano-contro-i-palestinesi-lo-dice-anche-il-relatore-speciale-ONU-sul-diritto-a-un-alloggio-adeguato/

(7) https://rproject.it/2024/02/la-guerra-genocida-di-israele-dopo-quattro-mesi/

(8) sito : https://www.amiciziaitalo-palestinese.org/index.php?option=com_content&view=article&id=7683:israele-si-e-sottratto-alle-proprie-responsabilita-per-decenni-la-corte-internazionale-di-giustizia-sta-scalfendo-la-sua-corazza&catid=26&Itemid=76

(9) link: https://alkemianews.it/2024/02/01/la-icj-non-si-prONUncia-per-il-cessate-il-fuoco-a-gaza/

(10) https://www.wired.it/article/UNRWA-gaza-israele-finanziamenti/

(12) https://www.anbamed.it/2024/02/14/anbamed1295-14-febbraio-24/

(13) https://www.youtube.com/watch?v=IaYHChQLrzg