A Modena la pioggia non ferma il dissenso al genocidio, urlato d’un fiato, dai militanti, comunità islamiche e liberi cittadini.
La mobilitazione, in difesa del popolo palestinese, svolta alle 10 del mattino di una domenica gelata si colloca in continuità con una lunga serie di iniziative che Modena per la Palestina sta promuovendo da oltre un anno nei nostri territori.
Chiaro il loro comunicato:
“Davanti al genocidio in corso, perpetrato da Israele con la diretta complicità di tutti i governi occidentali (governo Meloni in prima fila) pensiamo di rappresentare la grande maggioranza della città e della sua opinione pubblica: Modena, città partigiana, non può assistere in silenzio ai crimini di guerra compiuti impunemente sulla popolazione civile della Palestina e del Libano”.
Non è da oggi che ormai la distanza tra governi e popolo è evidente, nonostante organi d’informazione prostrati sulle posizione d’Israele e pronte a negare anche l’innegabile, bollando le notizie anche video, come pura propaganda di Hamass e degne di non essere trasmesse o contestate.
Il tutto orchestrato per impedire di dare voce e visibilità alla rabbia e all’indignazione che sta montando in tutto il mondo contro Israele e il suo colonialismo stragista.
“Modena per la Palestina – confermano i suoi portavoce – continuerà a scendere in piazza, al fianco delle forze sindacali, associative, delle comunità islamiche e della società civile, fino a quando la Palestina non sarà libera e il criminale Nethanyau non sarà perseguito”.
In quella piazza oltre a Stefania Ascari del M5S, Limaima Kamel presidente della ass. Nuova Generazione e portavoce dell’Unione Comunità Islamica di Modena ed altri, è intervenuta anche Mirca Garuti, che oltre a far parte della nostra redazione, è parte attiva dell’associazione “Per non dimenticare – OdV” ed ha lasciato il Libano poco prima dell’inizio dei bombardamenti israeliani.
Questo il testo del suo intervento:
“Ieri guardavo un disegno, fatto da un’amica, che riproduce una foto di una bambina che ho scattato in un campo profugo in Libano, tanti anni fa, direi nel 2006. Vi era scritto anche un pensiero di Stefano Chiarini, giornalista de Il Manifesto, scomparso nel 2007, che dice “….e i palestinesi? …il mondo pensa veramente che si possa arrivare alla pace, ignorando la loro esistenza? Il mondo pensa veramente che si possa continuare a negare loro una casa, un lavoro e…nel caso di Chatila, anche una degna sepoltura?”
Cosa rispondere, oggi? Sì, purtroppo! il mondo, quello che comanda, che decide, non pensa alle sofferenze del popolo palestinese, anzi lo ritiene responsabile di tutta questa guerra, perché lo considera non più come popolo, ma come se fosse solo “Hamas” , quindi, con il diritto di annientarlo.
Non esiste il Diritto di uccidere in massa i civili
Non esiste il Diritto a ridurre alla fame un’intera popolazione civile
Non esiste il Diritto a deportare forzatamente un popolo
Non esiste il Diritto di annessione
Questi sono gli obiettivi della guerra israeliana contro il popolo palestinese.
Il rapporto del Ministero della sanità ci dice che siamo arrivati a 44.580 uccisi e di 105.739 feriti. Ma questi sono numeri sottostimati registrati negli ospedali, mancano quelli che si trovano sepolti nelle fosse comuni, sotto le macerie e ci saranno anche altri corpi che non si ritroveranno mai!
Nella questione palestinese non valgono le regole imposte dagli accordi di guerra. Qui non c’è un “aggressore e un aggredito”, perché un singolo attacco, quello del 07 ottobre 2023, per quanto brutale, violento, sanguinoso, sia stato, non ha la forza di cancellare i tantissimi anni di brutalità dell’occupazione israeliana, incarcerazioni senza processi, i ripetuti e sanguinosi bombardamenti su 2milioni di civili a Gaza, avvenuti nel 2008/2009 – 2014 – 2016 – 2021 – ed oggi per la soluzione finale.
Non possiamo dimenticare anche i bombardamenti dei militari israeliani e l’opera dei cecchini contro le manifestazioni pacifiche popolari della Grande Marcia del Ritorno a Gaza nel maggio 2018. Durante le 86 settimane di protesta, i palestinesi uccisi sono stati 234 e i feriti oltre 36.000, tra cui 8800 bambini, senza neppur nessun lancio di razzi dalla Striscia.
Per fortuna, i popoli del mondo hanno reagito diversamente dai loro governi, e si sono schierati dalla parte del popolo palestinese perché hanno capito la loro lotta per ottenere giustizia, diritti, autodeterminazione, diritto al ritorno e abolizione del regime di apartheid in Palestina. E, così abbiamo fatto anche noi!
Oggi, 08 dicembre, sono 14 mesi che il popolo palestinese resiste al sistema d’oppressione israeliano, al genocidio, sempre più cruento, violento, disumano: bombe sugli sfollati nelle tende o nelle poche abitazioni rimaste, sugli ospedali, scuole, centri di culto, cecchini che mirano a bambini, donne, ragazzi, senza alcuna distinzione, arresti arbitrari, detenuti senza nessuna accusa, torturati, umiliati, de-umanizzati.
Le azioni di Israele sono chiare, non sono più nascoste, come i loro obiettivi: vogliono l’eliminazione o deportazione del popolo palestinese.
Quella terra non appartiene, per diritto divino, agli ebrei.
I palestinesi non possono e non devono andare in uno dei tanti stati arabi confinanti!
I Palestinesi devono restare in Palestina!
La questione palestinese non può essere ridotta solo ad una questione di diritti umani perché in Palestina, i diritti umani sono negati da un regime che li impedisce.
E’ una questione politica e, finché non sarà trattata come tale, non troverà mai giustizia.
Per questo, il movimento del BDS (boicottaggio, disinvestimento e sanzioni) rappresenta un modo diretto di rivendicare l’attenzione e il diritto dei palestinese ad avere una vita libera. L’obiettivo è la fine dell’occupazione d’Israele, pari diritti per i palestinesi che vivono in Israele e il riconoscimento del Diritto al Ritorno.
E’ importante per tutti noi sostenere il movimento BDS che ha la capacità di convogliare la rabbia, la frustrazione e il dolore per la situazione del popolo palestinese, in azioni efficaci e strategiche per fermare il genocidio e aiutare i palestinesi a smantellare il regime israeliano, come ad esempio, spingere i governi a rompere i rapporti con Israele, bloccare ogni sostegno militare e tecnologico allo stato occupante, obbligare le università ad interrompere i rapporti ed i progetti di ricerca e, soprattutto, boicottare l’economia israeliana.
Oggi, l’operazione in corso, da parte delle autorità israeliane, ha una portata inimmaginabile, non si ferma a Gaza e Cisgiordania, ma prosegue contro tutte le forze schierate al fianco del popolo palestinese.
Lo vediamo in Libano, dove l’esercito israeliano è tornato, come nel 2006, portando la medesima se non peggiore distruzione. E’ un’azione militare, attuata con atti terroristici, che mira a mettere in atto nuove e vaste occupazioni, ridefinire gli assetti e allargare i confini che Israele non ha mai voluto dichiarare e che nessuna autorità internazionale è stata in grado di imporgli. La tregua in Libano è di fatto unilaterale, solo da parte di Hezbollah, mentre Israele, in 9 giorni di cessate il fuoco, l’ha violata ben 129 volte e per lo più scatenata contro la popolazione civile del sud in ritorno alle proprie case.
In queste ore, è scattato un nuovo allarme lungo la frontiera libano siriana per il timore di vendetta da parte dei jihadisti contro Hezbollah, per il suo ruolo in sostegno militare al regime di Assad. Gli jihadisti potrebbero invadere il territorio libanese al servizio di agende straniere, come Usa, Gran Bretagna e Israele.
La Corte Penale internazionale ha dichiarato che “Netanyahu non ha l’immunità per le accuse e che i mandati d’arresto sono validi a vita, non possono essere ritirati se non con una decisione dei giudici”.
Il sangue palestinese rappresenta la vergogna dell’Occidente e la sconfitta di tutti i valori ipocriti predicati al mondo.
Non smetteremo mai, quindi, di denunciare la natura coloniale del progetto sionista e di sostenere la Resistenza del Popolo Palestinese e dei suoi alleati”.
Grazie a Daniele Stefani per alcune di queste foto