È proprio nel giorno degli innamorati di questo funesto anno, che a Modena è stato convocato un presidio per denunciare il pericolo della deportazione del popolo palestinese. Una prova d’affetto espresso a gran voce, nonostante il freddo e la pioggia continua.
In piazzetta Muratori, insieme al “Presidio permanente in difesa del popolo palestinese, contro gli accordi militari con Israele”, molte sigle dell’associazionismo locale, CGIL, ARCI, Rifondazione Comunista e Modena Volta Pagina, unici partiti ufficialmente presenti.
Ombrelli e tettoia istallata all’occorrenza, hanno protetto come un grande abbraccio i sostenitori mobilitati per denunciare pubblicamente tutta la loro rabbia ed indignazione, contro il progetto Trump di deportazione forzata della popolazione palestinese di Gaza (1) verso la Giordania ed Egitto.
Un progetto aberrante dal punto di vista umano che rappresenta un ulteriore indiscriminato superamento, delegittimazione e violazione, del diritto internazionale. Contraddicendo anche le numerose risoluzioni delle Nazioni Unite che avevano, sin dal 1948, più volte condannato Israele per il mancato rispetto dei diritti del popolo palestinese e delle politiche di espropriazione della loro terra.
Un progetto coloniale e di violenza che ci ha condotti sino all’attuale genocidio di Gaza e con risultati sino ad oggi accertati, a dir poco sconvolgenti.
In Israele e fuori dai suoi confini, il diritto alla sua difesa, deve sorreggere il tuo silenzio e la tua sottomissione. Non importa che tu sia volontario di un’associazione o organizzazioni non governativa, a cui è concesso di entrare solo se non si racconta nulla, o giornalisti che hanno pagato con la vita (ben oltre 207 uccisi). Pena la vita o l’aberrante accusa di antisemitismo e negazionismo antisemita.
A Gaza è in atto un massacro che non si deve né vedere né raccontare con fonti ufficiali. Perché in terra di Palestina, non si uccide solo palestinesi resistenti e partigiani. È soprattutto uccisa e vilipesa la verità. Quella verità tacciata di propaganda, quando il potere coloniale ed imperialista decide che a farne le spese con la propria vita o repressione, sono i sottomessi e gli sfruttati di tutto il mondo.
Se oggi Israele può permettersi di agire contro il Diritto Internazionale e le norme dell’ONU che tutelano le popolazioni civili durante i conflitti è perché da troppo tempo il modello occidentale di Democrazia, ha smentito sé stesso appoggiando acriticamente lo Stato d’Israele.
Non da meno l’assenza di molte organizzazioni umanitarie e sociali, completamente assenti o peggio tolleranti, contro l’agire razzista dello stato d’Israele nei confronti del popolo palestinese. Tolleranti del suo continuo violare il diritto umano alla sopravvivenza e del non accettare e negare, nonostante l’oggi, l’uso del termine genocidio. Anche se denunciato non solo da Amnesty International, ma anche dall’ONU che senza remore e attraverso dettagliate relazioni, denunciano il regime di apartheid applicato ai palestinesi da oltre 71 anni ed attuato con un chiaro progetto colonialista.
Un’analisi che trova le sue fondamenta nella continua sottrazione delle terre ai palestinesi attuata grazie a leggi appunto, di stampo colonialista. Il tutto alla luce del sole e senza nessuna denuncia anticolonialista, della comunità internazionale.
Trump può arrogantemente urlare al mondo il progetto dei resort di Gaza ma non ha ancora capito che i palestinesi si faranno uccidere piuttosto che lasciare la propria terra.
Lo stesso vale per quelli che ancora oggi pensano che la soluzione sia rinchiudere i palestinesi in territori frazionati, come gli indiani d’America. Territori non collegati tra loro, con l’intento di sedare il diritto alla resistenza che è di ogni popolo sottoposto a regime coloniale. Una resilienza che da anni, anche ogni singolo cittadino palestinese fa in modo pacifico e gandhiano con il proprio corpo, con i propri morti, martiri e ostaggi a vita, delle carceri israeliane.
“Come cittadini dobbiamo denunciare la passività complice delle istituzioni di questo paese e città – affermano in quella piazza e nel comunicato stampa (2) – non è sufficiente chiedere la pace e dichiararsi contro la guerra. È ora che anche il nostro sindaco e la sua giunta insieme al consiglio comunale dichiari chiaramente con atti concreti la fine dell’uccisione del popolo palestinese e la difesa del diritto internazionale.
Servono atti concreti di boicottaggio politico, commerciale e amministrativo (3)”.
È certamente necessario agire affinché si riesca ad interrompere la distruzione del principio umano del diritto alla vita che è regolato dal diritto internazionale. Lo affermano anche trenta esperti delle Nazioni Unite:
“Le scioccanti minacce del presidente degli Stati Uniti Donald Trump…romperebbero il tabù globale sull’aggressione militare e incoraggerebbero altri paesi aggressivi a impadronirsi di territori stranieri, con conseguenze devastanti per la pace e i diritti umani a livello globale”.
Il problema è serio e la società dei cittadini deve mobilitarsi per fermare la disumanità di questo mondo. A Gaza come in Kurdistan; in Congo, in Ucraina e altre parti del mondo.
Un limite superato da tempo e ogni giorno con i morti degli immigrati nel mediterraneo; con la deportazione nei Centri di Detenzione per immigrati, costruiti anche in Albania; con la liberazione del torturatore libico e con il pagare governi d’Europa e non solo, per lasciare morire i bambini di freddo e fame, alle porte dell’Est Europa.
Per questo è nostro dovere rivendicare il sostegno agli organismi multilaterali che proteggono i diritti umani in Palestina, tra cui il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite e la Corte Penale Internazionale, che promuovono gli interessi nazionali di tutti gli Stati in materia di libertà e giustizia. È possibile farlo a partire dalla condanna anche politica dei vertici di quello Stato d’Israele, riconosciuto come unica democrazia compiuta in quella parte del mondo.
L’impunibilità d’Israele mette in serio pericolo anche il rispetto del diritto democratico sancito non solo dalla nostra Costituzione ma anche dalla Convenzione di Ginevra e dal Diritto Internazionale. Tollerando la sua azione colonialista ed espansiva nel territorio su Libano, Siria, Gaza e Cisgiordania si accetta passivamente un progetto di legittimazione politica dello strumento della guerra come risolutore degli antagonismi politici ed economici mondiali.
È ora che la politica degli Stati, ritorni ad avere un ruolo attivo perché, quello che sta avvenendo, mette in serio pericolo anche la nostra stessa incolumità.