GAZA STORIA 2: LA VITA NEL CUORE DELLA MORTE

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Nel ventesimo giorno di aggressione alla Striscia di Gaza, continuiamo, con la vita nel cuore della morte, il lungo viaggio alla ricerca di un luogo sicuro dentro o fuori la nostra casa.

Leggi “Gaza Storia 1” 

27 ottobre 2023

Un inverno di carta: ho un figlio di 11 anni. E’ il mio più grande figlio. Mi ama davvero tanto e non vuole nient’altro dalla vita che essere come me. Chiassoso-trasandato e amante del divertimento, proprio come me!

Fa addirittura la mimica del mio umorismo, guarda come faccio ridere sua madre. Lentamente, lo vedo diventare un mini-me. Ama far ridere sua madre, anche in situazioni sciocche. La sua felicità raggiunge il picco quando fa ridere sua madre, lo fa sentire come se il mondo gli appartenesse!

Uno dei momenti più felici di mio figlio è quando lo sfido a calcio alla playstation, al negozio di giochi qui accanto. Qui inizia a prendermi in giro e dice: “Giochi meglio di me perché sei più vecchio di me, ma arriverà un giorno in cui ti batterò, come gli zii materni battono te, perché giocano meglio di te, hahahahaha…” Inizio a rincorrerlo, fingendo di essere arrabbiato, mentre lui si nasconde tra le braccia di sua madre. Lei mi guarda e dice: “I fratelli sono più forti, ti battono, hahahaha …”

Nel primo venerdì di questa vile offensiva, mi stavo lavando per la preghiera quando mio figlio è corso attraverso la porta dicendo: “Papà, papà, dal cielo piovono fogli!!” Ho immediatamente realizzato che l’occupante aveva pianificato un’atrocità, come al suo solito.

“Andate via e andate verso il sud della Striscia perché quello è un posto sicuro. Avete 24 ore. Se non andate, vi considereremo terroristi.”

Che stupidaggine è questa?
Quale logica state usando?

Sono andato giù in strada e ho visto che i miei vicini stavano evacuando. Beati loro che possiedono una macchina! Il mio vicino poteva prendere la sua famiglia e portarla nel c.d. sicuro sud. Io non posso. Non ho una macchina. Anche se l’avessi, come potrei muovermi quando sono responsabile di 19 persone della mia famiglia, papà, mamma, sorella e figli della famiglia, che vivono tutti nello stesso edificio?
Questa è la più difficile decisione che dovrò mai prendere. A questo proposito, non solo è in gioco il mio futuro, ma anche quello di ogni persona sotto la mia responsabilità. Potrebbe essere che non torneremo mai più a casa nostra. Magari moriremo sulla via, o forse troveremo veramente la salvezza. Non lo sappiamo.

Oh caro Dio, che devo fare?
Ho guardato i bambini e mio padre e la mia famiglia per scoprire che tutti mi chiedevano “cosa facciamo?”

Mi sento inutile. Per la prima volta nella mia vita ho perso il controllo, come adesso. I miei pensieri si sono congelati come se mi fossi trasformato in un oggetto. Ho detto improvvisamente a tutti di prendere quanta più acqua potessero, di svuotare i loro zaini di scuola e riempirli di vestiti, acqua e cibo con cui avremmo potuto iniziare ad andare verso il sud.
Mia moglie: “ Lasciamo la nostra casa che abbiamo costruito con sangue e dolcezza, un mattone alla volta?”
E poi ha iniziato a guardare ogni dettaglio, ogni stanza e ogni parte della casa. Non potevo dire una parola perché mi stavo sentendo esattamente alla stessa maniera. In quel momento, quel birichino bambino, che sempre vuole assomigliare a suo padre, ha detto: “Mamma, lascia che andiamo e se non possiamo continuare, possiamo ritornare a casa. E se moriremo, andremo in Paradiso. Non ci dici sempre che quando moriamo andiamo in Paradiso e ci liberiamo del terrore?”

Lo abbiamo guardato come se Dio avesse parlato a noi attraverso di lui per facilitarci nel minore dei due inferni.
Mi sento orgoglioso che questo ragazzo sia veramente diventato il figlio di suo padre o dovrei preoccuparmi che sta crescendo così velocemente da accettare la morte a 11 anni? Non sapevo. Ma ho ringraziato Dio che fosse mio figlio, la luce dei miei occhi.

Alla fine siamo riusciti a uscire da casa nostra; la vista davanti a noi piena di vetro e distruzione e la vista dietro a noi la nostra casa, che magari sarebbe stata l’ultima volta che avremmo visto. Il piano era di andare all’ospedale e di cercare delle macchine che ci portassero al presunto sicuro sud.

Nel ventunesimo giorno di aggressione alla Striscia di Gaza, continuiamo, con la vita nel cuore della morte…
28 ottobre 2023

La notte all’ospedale: una sola notte all’ospedale è stata sufficiente per realizzare che stare sotto le macerie di casa nostra fosse più semplice che stare anche solo per alcune ore all’ospedale. Il piano era di andare a piedi all’ospedale, come prima tappa, così avremmo potuto trovare qualche macchina che ci avrebbe portato al supposto sicuro sud.

Ho raccolto i 19 membri della mia famiglia in uno dei corridoi dell’ospedale così da poter andare a cercare delle macchine che ci conducessero al supposto sicuro sud, senza dovermi preoccupare di lasciarli fuori sulla strada. Non immaginavo che avremmo speso la notte in quello stretto corridoio disegnato per essere un passaggio, nel quale a malapena puoi sederti.

Ho lasciato l’ospedale per cercare due o tre macchine. Che idiota! Uno che avesse trovato anche una sola macchina sarebbe stato fortunato, io ne cercavo ben tre. Dopo molti problemi e un’estenuante continua ricerca sotto il sole cocente, sentendomi assetato e affaticato, ho trovato una macchina piccola che poteva trasportare l’autista e tre passeggeri. Ho implorato il conducente di condurci al sud. Ha detto che ci avrebbe portato, ma senza borse, al prezzo di cento shekels per persona. Sono rimasto completamente scioccato.

Poi ho detto: “la corsa è sei shekels per passeggero, com’è possibile che adesso sia diventata cento? Cos’è questo sfruttamento? Non è sufficiente che siamo sommersi da pezzi di morte? Anche tu? Cosa c’è di sbagliato in te?”

Lui ha risposto: “Fratello, ho una famiglia, esattamente come te, e questa macchina è la mia unica fonte di reddito. Se ti porto, userò questi soldi per comprare beni di prima necessità per la mia famiglia perché non so cosa possa succedermi nel sud o se ritornerò vivo. Non considerare questo un approfittarsi, per favore, vedilo come un modo di sopravvivere per me e la mia famiglia”.

L’ho guardato con perdono e compassione, ero senza parole.
Alla fine ho detto: “Che Dio possa benedirti e restare con te.”

Sono ritornato dalla mia famiglia in ospedale, sentendomi totalmente inutile, data la mia incapacità di trovare delle macchine che ci portassero verso la così detta salvezza. Quando mio padre, mia madre, mio fratello e le mie cognate mi hanno visto in quello stato, mi hanno rassicurato e fatto notare che Dio potrebbe, dopo tutto, non volere che andiamo al sud: “Prendila con calma. Non sei l’unico responsabile della nostra sicurezza qui. Ci siamo dentro tutti insieme. Riposati adesso, amore mio, e Dio ci mostrerà la via.”

Abbiamo deciso di trascorrere la notte nei corridoi. Questo corridoio è appena buono per passarci, non puoi nemmeno sederti, figurati se ci puoi dormire. Ci siamo appiccicati al muro per far passare. Quella notte abbiamo visto vittime con ogni tipo di ferita, persone che avevano perso gambe e braccia, con teste sanguinanti e molte altre tragedie e dolori. Se io stesso non potevo tollerare queste scene, come potevo aspettarmi che potessero i nostri figli? Come posso proteggere i miei figli dall’esposizione a tutta questa follia? L’impatto di quella notte particolare resterà per sempre nella memoria dei nostri figli e io, uno psicologo che cura i traumi, non ho idea di come affrontare tutto ciò, se il nostro destino sarà quello di superare questa aggressione. Per il momento, devo trovare il modo per darci una chance di sopravvivenza. Ma come?

Sono rimasto in piedi vicino alla finestra che dà sul banco delle registrazioni in ospedale, cercando un po’ di aria fresca. L’edificio era così pieno di gente che l’aria era inquinata dall’odore e dal respiro della gente: i loro dolci, cibo e bagni sporchi…tutti questi odori e altri, nell’edificio in cui abbiamo cercato rifugio. Non abbiamo altro luogo eccetto questo corridoio. Dove potremmo andare?

Quando guardo fuori dalla finestra, l’aggressore ha commesso un nuovo massacro vicino all’ospedale, distruggendo una casa. Ho visto i martiri distesi sul pavimento della sala di registrazione, che venivano preparati per essere trasportati nella tenda obitorio, uno spazio che a malapena può chiamarsi tenda! Ho visto parti di corpo e sangue. Ho visto le gambe amputate e i corpi decapitati. Ho visto tutto questo con i miei propri occhi. Ho pianto, pianto, pianto, finché non ho avuto più fiato. Respirare tutti gli odori pestilenziali dentro l’ospedale è stato più facile che guardare fuori dalla finestra.
Non mi ricordo come questa notte sia finita, né voglio saperlo. È passata e non torneremo più all’ospedale.

Con la prima luce del secondo giorno, mia moglie mi ha detto: “Dai, torniamo a casa nostra, non possiamo sopportare più tutto questo.” Poi, tutta la famiglia ha chiesto di tornare a casa perché ne avevano abbastanza.
Siamo ritornati a casa sapendo molto bene che stavamo tornando indietro, verso la morte. Ma questa volta, siamo contenti con quello che ci accadrà e lasciamo il nostro destino nelle mani di Dio, perché lui è il nostro salvatore e protettore. Troviamo conforto nel sapere che abbiamo fatto tutto quello che potevamo per rimanere fuori dalle nostre case, ma tutto invano.

Siamo a casa nostra ora e non ce ne andremo. Con il sorgere del sole di ogni nuovo giorno, preghiamo ringraziando Dio per il regalo di essere ancora vivi.

Leggi “Gaza Storia 3” 

° Esperienze di psicologi sotto l’attacco di Israele a Gaza, sebbene non si sappia se sia ancora in vita, dal momento che ieri tutte le comunicazioni sono state interrotte.

° Traduzione di Carla Gagliardini