SANGUE SULLA TERRA PALESTINA

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Fremono e soffrono i popoli della Palestina mentre ancora sangue viene versato sulla terra dei silenti popoli semiti e dei padri credenti monoteisti.
Questo luogo di antichi profeti, filantropi e poeti che a fatica hanno provato ad annunciare la pace e la fratellanza al mondo, da tempo non esiste più.
Il volere di dominio, di prevaricazione sul più debole e sul diverso, lo ha in verità trasformato in un luogo senza pace e di dolore.

Il sangue, versato sulla terra della Cisgiordania, tra gli ulivi di Betlemme, sulla sacra città di Gerusalemme e nella Striscia di Gaza, ha sempre il medesimo odore acre. Ferroso sino a rivoltare lo stomaco agli uomini di pace e appagante e gratificante per chi ha tanto sofferto e crede così di poter placare il proprio dolore. Un dolore atroce che crede e pensa di trovare pace e vita futura, solo attraverso la sofferenza e la morte dell’altro.

Quello che è successo e sta succedendo a Gaza o nei kibbutz costruiti lungo il suo confine, non può essere ne giustificato ne compreso o liquidato come semplice follia disperata del gruppo integralista islamico di Hamas. Troppo semplice e assolvente per entrambe le forze in campo, israeliane e palestinesi.
E’ l’ennesimo scontro perpetrato tra i dominanti colonialisti irrispettosi del diritto dei dominati e i palestinesi che da troppi anni attendono la loro liberazione dal dominio razzista dei governi israeliani.

A testimoniarlo sono gli innumerevoli atti di prevaricazione che non hanno mai risparmiato nessun palestinese.
Dal rapimento dei minori
alla mancata restituzione dei corpi dei militanti partigiani o dei semplici cittadini palestinesi, uccisi durante le azioni di rivendicazione ed imposizione coloniale. Dagli attacchi notturni portati sino dentro le loro case, alla loro demolizione e progressiva espulsione dalla terra dei loro padri, con l’offesa di non poter tornare. Senza nessuna conclamata possibilità di poter un giorno riabbracciare i parenti costretti a vivere dall’altra parte del muro.
Una violenza esercitata senza pari, dai militari o dai coloni da loro protetti.

Lo testimonia anche Nadav Weiman, un ex militare israeliano oggi militante dell’associazione Breaking the Silence,  a TG3 Mondo (1):
Durante le irruzioni notturne in quelle case, guardavo quei bambini spaventati…avevano il volto dei miei figli. Ma cosa stavo facendo? Come potevo continuare a terrorizzare quelle famiglie…. (vedi dal min. -10,40)

Di fronte a tutto questo, come è possibile considerare intolleranti i palestinesi che non vogliono e decidono di non accettare più che, ancora oggi, nessuno trovi una soluzione ai profughi interni cacciati dai loro luoghi natii e ai cinque milioni di palestinesi ancora fuori dalla propri terra e a cui è negato il Diritto al Ritorno?

Come è possibile considerare intolleranti i palestinesi a cui è riservata sofferenza in quella terra di Palestina, solo perché ha deciso di rimanere, nonostante l’assenza del rispetto e diritto ad avere una casa sicura anche se costruita in ristretti campi profughi? Luoghi senza una prospettiva futura se non quella concessa dalla politica di apartheid militare imposta dal regime Israeliano.

Quello che sta avvenendo da troppi anni in quella terra ed in particolare a Gaza è stata ben descritta nell’ultimo articolo di Mirca Garuti (2), e da tempo denunciato anche in questo sito, ma non possono i fiumi di parole scritte o lasciate al vento, colmare integralmente ciò che avrebbe dovuto essere denunciato. Di ciò che la comunità internazionale avrebbe potuto e dovuto impedire. Ovvero. che lo Stato d’Israele si sorreggesse e vivesse in quei territori, solo grazie all’occupazione militare e alla segregazione della popolazione palestinese.

La cosiddetta comunità internazionale avrebbe dovuto impedire che gli Israeliani agissero, dal 1948 sino a i giorni nostri, con l’obiettivo di cacciare o segregare i palestinesi in riserve come era stato fatto ai nativi americani o gli aborigeni australiani. Gaza e Cisgiordania ne sono l’esempio concreto.
E’ proprio per questa consapevolezza del popolo palestinese, tramandata di padre in figlio, se ancora oggi, dop
o 75 anni, continuano a resistere.

Se ancora oggi purtroppo succedono queste tragedie è perché, arroganti del proprio potere e della cultura coloniale, Israele e le nazioni occidentali, hanno sempre sottovalutato e mai creduto di trovare un popolo resistente per così tanti anni e una voglia di riscatto sempre presente in tutte le generazioni che si sono susseguite. Dentro e fuori dai loro confini. Mai avrebbero pensato che questo popolo considerato inferiore, potesse resistere, difendere e mantenere viva la propria cultura anche e nonostante il continuo tentativo d’Israele di cancellare le sue tracce dal passato.

Israele è ormai lanciata da anni, al proprio suicidio politico e nazionale. Invece di intraprendere un percorso di reciproca liberazione, come quello avviato in Sud Africa per un unico Stato, USA e Israele continuano a sottovalutare i palestinesi che sono e resteranno sempre parte integrante della propria terra anche fuori dalla Palestina. Una terra che è sempre esistita e sempre esisterà nei loro cuori.

Questa è la loro forza e non a caso, Israele e gli USA in particolare, si sono prodigati affinché non fosse riconosciuto lo Stato Palestinese, mentre Gerusalemme fosse designata come capitale dello Stato Israeliano. Vogliono colpire quel popolo alla radice della loro storia anche perché sono ben consci che sono disposti a morire piuttosto di consentire a qualcuno di poterli ridurre a paria di qualsiasi nazione.

Una cecità politica seguita anche in particolare dell’Europa, che è figlia dell’accettazione, prona del pensiero liberista e capitalista americano e anche in passato socialista sovietico, che prevedevano d’imporre a quel popolo e in quelle terre, un modello sociale lontano anni luce dal percorso storico, culturale e politico di quei popoli che vivevano in pace tra loro, nello Stato di Palestina.

Un principio di dominio non solo mercantile, sostenuto dal progetto ebraico sionista ed accettato ancora oggi dall’Europa, imposto grazie ad una profonda sudditanza mantenuta nel tempo nei confronti di Israele. Stato da loro stessi definito per legge, in modo teologico e teocratico “Stato nazione ebraico” e non patria di tutti gli ebrei.

La difesa d’Israele permette agli europei di poter nascondere o meglio far dimenticare la tragedia dell’olocausto da loro organizzato. Una tragedia riconosciuta come peccato originale però da far espiare ai palestinesi.

E’ infatti, con la decisione di far nascere lo Stato d’Israele in terra di Palestina, che l’Europa esprime la sua massima politica coloniale e suprematista nei confronti di tutti i popoli non occidentali e cristiani. Una cultura esplicitata ed imposta purtroppo ogni giorno, anche accettando in modo ingiustificato, le violenze perpetrate nei confronti dei palestinesi da parte delle politiche di segregazione israeliane. Difese in modo meschino e proponendosi anche come possibili mediatori, spesso complici, della vendetta imperialista di un popolo che è stato nei secoli, dagli europei braccato.

Una persecuzione contro il popolo ebreo, che affonda il proprio antico dolore nelle radici cristiane occidentale. Un potere religioso esercitato per secoli, con violenza contro gli ebrei e che ha fatto dell’antisemitismo, un mantra da usare come sfogo popolare e di dominio, soprattutto economico, dei poteri cristiani sul mondo conosciuto.

Da tempo Israele ha operato in occidente usando l’olocausto e l’antisemitismo come scudo alle proprie nefandezze non comprendendo che ciò che sta facendo oggi, rischia veramente di spingere in quella direzione. E gli ebrei più accorti o soprattutto quelli che vivono fuori dai confini d’Israele hanno cominciato a capirlo e per questo chiedono protezione.

E’ infatti assai grave quello che sta accadendo soprattutto in quell’area del mondo dove il popolo della Nazione Araba vive e riconosce nella resistenza palestinese, un pensiero di libertà mai espresso. Una voglia di rivolta repressa all’interno dei confini ben definiti e dominati da corrotti governi arabi, di cui un giorno potrebbero liberarsi. E’ proprio per impedire tutto questo infatti, che molti di queste dittature arabe hanno preso oggi le distanze o condannato, l’azione d’Israele, pur senza interrompere veramente i rapporti commerciali o ritirando i propri ambasciatori.

Questa è una situazione assai pericolosa, non solo per i palestinesi che vengono decimati mentre sono chiusi in gabbia, ma anche per la comunità occidentale. Soprattutto se non proverà seriamente e da subito, a risolvere questo conflitto. A porre rimedio seriamente agli errori sino ad oggi commessi, anche solo in difesa di uno Stato d’Israele includente e democratico per entrambi i popoli. Il rischio è un allargamento reale del conflitto.

Purtroppo quello che sta avvenendo in Europa in verità è proprio tutto il contrario. Basta leggere o vedere e ascoltare i media italiani ed europei, che alimentano lo scontro senza provare anche in minima parte ad ascoltare i loro colleghi israeliani. I media europei, stanno sostenendo Israele nel suo “diritto alla difesa” a spese di donne e bambini, tentando e a volte vietando, manifestazioni e bandiere palestinesi ai propri cittadini. Una miopia pericolosa che tende sempre più ad alimentare un possibile e pericoloso scontro di civiltà ed un ulteriore decadimento della già precaria e tanto sbandierata democrazia occidentale.

Una possibile estensione del conflitto che, al di la della proposta razzista del nostro governo o dal Gruppo di Visegrad, trova terreno fertile nella propaganda utilizzata contro la “pericolosa invasione degli immigrati” o nel non accettare in parlamento una mozione che chiedeva al governo Israeliano di bloccare l’espansione delle colonie ebraiche sui territori palestinesi occupati.

In questo contesto, non è da meno la variegata sinistra italiana filo-palestinese divisa tra l’esaltazione delle operazione di Hamas e una posizione equidistante che fatica a trovare un equilibrio tra i due popoli. Dove la proposta “Due popoli e due Stati” diventa la giustificazione con cui evitare di attaccare Israele ed una proposta che non tiene minimamente conto dello stato attuale della dislocazione della colonie israeliane sul territorio. Significherebbe o eliminare le attuali colonie israeliane o ridurre lo Stato di Palestina a tante piccole riserve indiane scollegate tra loro. Per non parlare poi del tanto sbandierato Accordo di Oslo, richiesto anche dalla CGIL dopo 30 anni, che in modo pacifico e pacifista ha contribuito a far cacciare ulteriormente i palestinesi dai loro storici paesi.

In verità che ne dicano i media, figure dello spettacolo o sportive promotori e sostenitori asetticamente d’Israele, in terra di Palestina si sta attuando da tempo un nuovo atto di espulsione dei palestinesi che non si vogliono sottomettere. Una nuova Nakba, silenziosa ed efficace. Da qui la reazione resistente in Cisgiordania come a Gaza da tempo necessaria ed annunciata e mai presa in considerazione.

Se vogliamo veramente avere una voce e dare voce alla Democrazia e alla Pace, bisogna innanzitutto prendere atto che il massacro di donne, uomini e bambini palestinesi, non è cominciato con l’attacco del 7 ottobre, ma si sta perpetrando da anni sui cittadini di Gaza e in tutti i territori occupati della Cisgiordania.

E’ proprio da qui che dobbiamo partire. Perchè non può esistere Pace se non esiste pari diritto e il futuro di quel popolo non possiamo deciderlo noi, ancora una volta da occidentali. E’ una decisione che possono e devono prendere solo i popoli semiti della terra di Palestina.

LINK

1 – https://www.rainews.it/rubriche/tg3mondo

2 – http://alkemianews.it/index.php/2023/10/16/guerra-a-gaza-la-vendetta-israele/