UNRWA SOTTO ATTACCO ISRAELIANO

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L’UNRWA è da anni che si trova sotto attacco israeliano. Le accuse e le critiche mosse nei suoi confronti, soprattutto dagli Stati che sostengono le politiche israeliane nei territori occupati, portano a fase alterne ad interrompere i suoi finanziamenti.

Lo avevano già fatto gli Stati Uniti nel 2018/19 con l’amministrazione di Trump che aveva definito l’UNRWA come “un’operazione irrimediabilmente imperfetta”.
E’ invece, con la Presidenza Biden nel 2021, che gli Stati Uniti riprendono a finanziarla, sconfessando così la sospensione voluta da Trump. Viene approvato, un nuovo pacchetto complessivo pari a 235 milioni di dollari, di cui 150 per aiuti umanitari all’UNRWA, 75 per programmi di sviluppo economico e 10 per operazioni di costruzione della pace. Ma tutto però cambia ulteriormente in questi ultimi mesi.

La guerra a GAZA con il blocco dei finanziamenti UNRWA
E’ con il rapporto presentato dal “Il relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto a un alloggio adeguato” del 28 ottobre 2022, ben riportato anche da Amnesty International, che lo scontro si fa più aspro.
Il rapporto presentato afferma, infatti che:
”… il sistema di oppressione e di discriminazione razziale che porta alla distruzione delle abitazioni palestinesi è a dir poco apartheid”. (6)

Da qui la risposta del governo israeliano, con accuse dirette volte nei confronti dei finanziamenti rilasciati, che sarebbero stati utilizzati per alimentare organizzazioni terroristiche palestinesi. E l’attacco del 7 ottobre 2023 non ne sarebbe esente.

Un giudizio, guarda caso che arriva, da parte del governo Israeliano, proprio a seguito del parere espresso dai giudici della Corte di Giustizia internazionale dell’Aja (Cig) di accogliere la denuncia di genocidio presentata dal Sudafrica, ordinando ad Israele di mettere in atto “misure cautelari”.

E’ infatti, all’ordine di fornire assistenza umanitaria ai palestinesi di Gaza, che Israele risponde mettendo sotto accusa l’intera organizzazione dell’UNRWA.
Accuse non provate raccolte durante gli interrogatori dello Shin bet, il servizio d’informazione interno d’Israele, che coinvolgono 12 dipendenti palestinesi, su 13mila presenti a Gaza, negli attacchi di Hamas del 7 ottobre scorso.

E dato che le coincidenze non esistono, è impossibile non credere che quest’azione sia una punizione collettiva, estremizzando una possibile ma limitata verità, messa in atto nei confronti dei palestinesi e dell’ONU, come gesto di ritorsione per la decisione presa dalla Corte di Giustizia dell’Aja.
L’ UNRWA, da parte sua, ha subito proceduto alla chiusura dei contratti con i dodici dipendenti incriminati e con l’avvio di una sua indagine per verificare le dichiarazioni israeliane, ma al contrario, l’ordinanza della Corte non ha frenato e fermato Israele nella sua corsa al massacro dentro Gaza.

Il massacro del popolo di Gaza continua
Gilbert Achcar, sul sito R/project del 07 febbraio scorso, scrive che quello che sta vivendo oggi Gaza dal 07 ottobre scorso, è un’enorme catastrofe portata avanti da Israele con il sostegno militare degli Stati Uniti, che supera in termini di orrore ed intensità la Nakba del 1948.
Il continuo bombardamento ha finora portato alla distruzione totale di 70.000 unità abitative e 290.000 parzialmente distrutte, insieme alla distruzione delle infrastrutture di servizi come acqua, elettricità, sistema sanitario, compresi ospedali, scuole , università, siti religiosi e cultura. E’ la cancellazione, quindi, quasi totale della Striscia di Gaza.

Il relatore speciale delle Nazioni Unite ha proposto di aggiungere un nuovo crimine alla lista dei crimini contro l’umanità, un crimine che ha chiamato “domicidio”. Questo concetto si può applicare in alcuni casi avvenuti nell’attuale secolo, come ad esempio, Grozny in Cecenia, distrutta dall’esercito russo di Putin, Aleppo in Siria, distrutta dall’esercito russo alleato con le forze iraniane e del regime di Assad, Falluja irachena, in gran parte distrutta dall’esercito statunitense, Mosul in Iraq e Raqqa in Siria, distrutte dalle forze statunitense e dai loro alleati nella guerra contro l’Isis.
Il “Domicidio” di Gaza, si differenza dagli altri casi citati, perché riguarda l’intera area che comprende tutte le sue città, insieme al genocidio della sua popolazione. (7)

La storia dell’umanità, purtroppo, ci dimostra che il passato non ha insegnato molto perché i crimini avvenuti nel tempo non sono mai cessati, anzi, continuano, specialmente oggi, in tanti paesi diversi.

Il giorno della memoria e la Corte Internazionale di Giustizia.
Il 27 gennaio ricorre il Giorno della Memoria, istituito dal Parlamento italiano con la legge n.211 del 20 luglio 2000. La data scelta è quella della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa sovietica, in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico, per “conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere”.

Questa data è poi diventata la Giornata internazionale, indicata dall’Assemblea generale dell’ONU nel 2005, per ricordare la Shoah e tutti i deportati nei campi nazisti, come “un monito per tutti i popoli sui pericoli causati dall’odio, dal fanatismo, dal razzismo e dal pregiudizio.”

Ricordare è quindi importante ma, per essere utile, il ricordo deve diventate memoria perché, senza memoria del nostro passato, la storia sarebbe vuota. Ma, purtroppo la realtà è molto diversa.
Dire: “Mai più”, è inutile se poi si resta in silenzio, offrendo totale impunità a chi continua a commettere crimini nei confronti di altri.

Quest’anno, ad esempio, la celebrazione del 27 gennaio cade proprio, mentre da ben 113 giorni è in corso un’altra carneficina per mano dell’esercito israeliano, sostenuto, sotto tutti gli aspetti, dagli Usa e da molti altri paesi della UE, contro il popolo palestinese. E allora, per rispettare la memoria di questa ricorrenza, bisognerebbe innanzitutto anche rispettare la vita dei civili palestinesi che si trovano sotto occupazione militare e vittime di genocidio a Gaza e dell’Apartheid in Cisgiordania e Gerusalemme, da parte del governo e dell’esercito israeliano e dalla comunità internazionale. Ma nulla di tutto questo è avvenuto.
I giudici della Corte di Giustizia internazionale dell’Aja (Cig) hanno affermato che:

“Israele deve fare tutto ciò che è in suo potere per impedire atti che rientrino nel campo d’applicazione della Convenzione sul genocidio e per prevenire e punire l’istigazione diretta e pubblica a commettere un genocidio”.

Inoltre ha aggiunto che Israele deve anche adottare misure urgenti per garantire la consegna degli aiuti umanitari agli abitanti della Striscia di Gaza e che deve conservare le prove del genocidio e di presentare entro un mese una relazione dettagliata su tutte le misure adottate in conformità con la sua decisione. Tale sentenza è stata accolta con favore dal Sudafrica, mentre invece il ministro della Sicurezza nazionale israeliano Ben Gvir ha inveito dicendo che:

La decisione del tribunale antisemita dell’Aia dimostra ciò che già si sapeva: questo tribunale non cerca giustizia, ma piuttosto la persecuzione del popolo ebraico”.

Ben Gurion e Ben Gvir non solo condividono le iniziali dei loro nomi; condividono anche un atteggiamento sprezzante nei confronti della comunità internazionale, delle sue istituzioni e delle sue leggi.

Il nostro futuro non dipende da ciò che diranno i gentili, ma piuttosto da ciò che faranno gli ebrei”, disse Ben Gurion in un discorso del 1955 – una frase che divenne poi un principio guida per la politica israeliana e che si accorda fortemente con la rivisitazione moderna di Ben Gvir. (8)

L’unico rammarico nei confronti della Corte, nonostante abbia accolto per la prima volta una richiesta contro il governo Israeliano e le sue politiche di repressione e genocide applicate al popolo palestinese, è che non ha purtroppo chiesto ad Israele, in modo esplicito, di mettere fine alla sua offensiva. (9)

La ricercatrice del Centro Palestinese per i Diritti Umani (PCHR) Basel Sourani, afferma che:
È la prima volta che Israele viene ritenuto responsabile. Abbiamo sognato questo tipo di attribuzione di responsabilità. Ci dà speranza”.

L’ICJ (International Court of Justice) ha dato a Israele (13) l’opportunità di “ravvedersi” e di annunciare entro un mese cosa ha fatto per prevenire il genocidio, ma se la risposta di Israele non sarà convincente, è probabile che verranno emessi ordini molto più significativi. Se invece i piani di espulsione e reinsediamento proposti nella recente grande conferenza con Ben Gvir diventino una politica governativa ufficiale o anche semi-ufficiale, Sourani ritiene che, il processo iniziato all’Aia potrebbe portare a sanzioni come quelle imposte al Sudafrica dell’apartheid. (8)

Il Sud Africa, l’attacco all’apartheid d’Israele e l’attacco all’UNRWA
Il portavoce dell’ufficio del presidente Ramaphosa ha annunciato che il Sudafrica ha presentato il 14 febbraio, una nuova richiesta urgente alla Corte di Giustizia internazionale dell’Aja, per un ordine di blocco delle intenzioni di Israele d’invadere Rafah.
“Il governo sudafricano ha affermato di essere seriamente preoccupato per il fatto che l’offensiva militare senza precedenti contro Rafah, annunciata dallo Stato di Israele, abbia già portato e porterà a ulteriori omicidi, danni e distruzioni su vasta scala. Ciò costituirebbe una violazione grave e irreparabile sia della Convenzione sul genocidio che dell’ordinanza della Corte del 26 gennaio 2024”. (12)

Israele promette di portare prove contro le accuse di genocidio e contrattacca mediaticamente con i 12 dipendenti palestinesi, che avrebbero concorso con Hamass il 7 ottobre. Omettendo che l’ UNRWA, nell’offensiva in corso, ha subito la distruzione di centinaia sue strutture e la morte alla data del 25 febbraio di 158 dipendenti.
L’agenzia opera grazie ai contributi donati da vari paesi del mondo, in particolare da Stati Uniti e Unione Europea. In ordine decrescente i principali donatori sono Stati Uniti, Germania, Unione Europea, Svezia, Norvegia, Giappone, Francia, Arabia Saudita, Svizzera e Turchia.
Le presunte azioni di alcuni dipendenti dell’Agenzia, prontamente licenziati in attesa di una verifica dell’accusa, non possono essere utilizzate come una scusa per interrompere l’assistenza vitale verso un’intera popolazione.
Quindi, il fatto grave è che gli Stati Uniti abbiano annunciato subito l’immediata sospensione dei finanziamenti all’UNRWA e che altri paesi abbiano poi seguito la sua decisione, come Regno Unito, Australia, Canada, Germania, Italia, Paesi Bassi, Finlandia, Giappone, Nuova Zelanda e Austria.
Al contrario di Svizzera e Francia che, prima di prendere decisioni sul finanziamento, hanno almeno dichiarato che restano in attesa di chiarimenti sulla questione.
Irlanda, Norvegia e Spagna si sono rifiutati invece di sospendere i finanziamenti, sottolineando l’importanza dell’opera dell’UNRWA ed anche per evitare ulteriori morti a Gaza. (10)

All’inizio di gennaio, Noga Arbel, ex funzionaria israeliana, oggi presidente della fondazione di destra Kohelet, in un discorso alla Knesset ha detto che “la principale minaccia a Israele è l’UNRWA”. Ha inoltre descritto la guerra in corso come “un’opportunità” per Israele di mandare “all’inferno” l’UNRWA e impedirle di “permettere la nascita di terroristi” fornendo servizi ai palestinesi. L’UNRWA è infatti una delle poche realtà non controllate da Israele nei territori occupati palestinesi.

Il ministro degli esteri israeliano, Israel Katz, ha dichiarato che nel dopo guerra non ci dovrà essere un posto per l’Agenzia, mentre il ministro della finanze Smotrich, il 27 gennaio ha affermato che, dopo la fine dell’offensiva, sarà Israele e non l’UNRWA a controllare la distribuzione degli aiuti a Gaza. Enunciando così in modo chiaro che Israele considera la distruzione dell’UNRWA un elemento centrale della sua guerra in territorio palestinese.

La rappresentante dell’UNRWA per l’Europa, Marta Lorenzo, in un’audizione alle commissioni affari esteri e sviluppo del Parlamento Europea ha detto chiaramente che:
”Nessuna evidenza riguardante le accuse avanzate dal governo israeliano è stata fornita ed è proprio quello che chiediamo a Tel Aviv, ossia di collaborare pienamente col gruppo investigativo sul terreno per trovare queste prove. Anche noi vogliamo chiarezza. Dopo un controllo incrociato dei 12 individui su un database di 33mila membri dello staff, il Commissario Generale ha preso la ferma e immediata decisione di sospendere il contratto dei 10 membri rimasti in vita sui 12…questa decisione preliminare straordinaria è stata presa a difesa dell’interesse dell’Agenzia e delle sue vitali operazioni umanitarie”.

Purtroppo però, 18 paesi complici di Israele, tra i quali anche l’Italia, hanno sospeso i fondi destinati all’UNRWA senza aspettare i risultati dell’inchiesta internazionale.

Il governo israeliano sta studiando, inoltre, di mettere fuori legge l’UNRWA a Gerusalemme Est per poter confiscare proprietà e terreni che sono d’interesse ai coloni. Una proposta di legge è stata sottoposta al voto alla Knesset per l’espropriazione di tutte le sedi, scuole e ambulatori sanitari dell’Agenzia a Gerusalemme. (12)

Il parlamento italiano, il 13 febbraio 2024, ha raggiunto un accordo sul cessate il fuoco a Gaza?
«Il Parlamento impegna il governo a sostenere ogni iniziativa volta a perseguire la liberazione incondizionata degli ostaggi israeliani e a chiedere un immediato cessate il fuoco umanitario a Gaza al fine di tutelare l’incolumità della popolazione civile, garantendo altresì la fornitura di aiuti umanitari continui, rapidi e sicuri all’interno della Striscia».
Non trovano invece ascolto le mozioni che riguardano la richiesta di sanzioni contro i coloni colpevoli di crimini contro la popolazione palestinese; il ripristino dei fondi alle Ong e alle agenzie ONU che operano a Gaza e la richiesta all’Unione Europea affinché riconosca lo Stato di Palestina.

I deputati del M5S invitano però l’opposizione a non cedere troppo all’ottimismo, dal momento che il centrodestra sul punto tanto importante del cessate il fuoco, si è limitato ad astenersi. Inoltre la maggioranza di governo ha bocciato impegni importanti, quali, fermare il “genocidio”, disdire l’accordo stretto da Eni e Israele relativo alle estrazioni al largo delle coste di Gaza in territorio palestinese e il rifiuto di fare tutto il possibile per scongiurare l’attacco a Rafah.

Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, inoltre, in occasione della cerimonia del 75esimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra Israele e Italia, ha assicurato che:
“Ci opporremo ad ogni tentativo di isolamento di Israele”.
Ovvero, 75 anni di relazioni come 75 anni di occupazione del territorio palestinese.

Nonostante siano trascorsi 130 giorni dall’inizio dell’offensiva del 7 ottobre scorso, e il numero dei morti e feriti abbia quasi raggiunto la cifra di 100.000 persone, i governi di tutto il mondo, Italia compresa, si rifiutano di vedere e di parlare dell’origine di questo conflitto. Si continua invece a ripetere come un mantra “Israele ha diritto a difendersi e va sostenuto, sempre”.

Perchè non si vuole provare ad affrontare alla radice il problema cercando di capire le origini di tutto questo? E’ forse perché si dovrebbe ammette la sconfitta di tutta la comunità internazionale e l’incapacità di risolvere questo conflitto, mettendo a nudo la vera faccia d’Israele che regolarmente viola le norme del diritto internazionale?
E’ per questo che si continua a trovare la scusa che l’alto numero dei civili uccisi è dovuto al fatto che i miliziani di Hamas si fanno scudo con la popolazione civile palestinese e non a causa dei continui bombardamenti israeliani?

In questo, i nostri mass media hanno una grande responsabilità. E’ infatti un crimine il loro silenzio e su quanto sta succedendo ora. Una grande pagina nera del nostro giornalismo.
In Italia non si può parlare di Palestina, del popolo palestinese e quello che è successo all’ultimo Festival di Sanremo, ne è un chiaro esempio.

In particolare in TV, si parla solo delle vittime israeliane, ma non si raccontano mai le storie di vita dei palestinesi; delle loro case abbattute; delle uccisioni sommarie di uomini, donne, ragazzini, spesso disarmati; sul rifiuto di portare soccorso; sulla detenzione amministrativa; sulle torture nelle carceri, l’occupazione di terreni e case; la negazione di risorse come l’acqua e la violazione dei luoghi sacri e cimiteri.

Nessuno si pone il problema del perché tutto questo succede da più di 75 anni e non certo solo dal 7 ottobre 2023. Oppure del perchè i palestinesi devono pagare per un crimine, come l’olocausto, che non hanno commesso e che li costringe con mandato dalla comunità internazionale, ad abbandonare le loro case, la loro terra per darla al popolo ebraico?

Lo sterminio degli ebrei non è stata opera dei palestinesi ma di un paese occidentale.
A quale titolo, questa gravissima tragedia consente ad Israele di godere della più totale impunità di fronte a tutti i massacri che ha messo in atto nei confronti del popolo palestinese, nascondendosi dietro il suo “Diritto di difendersi senza se e senza ma”?

In un confronto sull’attuale situazione tenuto con il Dott. Salman Abu Sitta, fondatore e presidente della Palestine Land Society ed uno dei maggiori esperti della Nakba, ha affermato che:
“Come palestinese e come appassionato di storia, dico che questo è il periodo più brutto della storia. La gente vede in TV – non nei vecchi libri – il genocidio che viene compiuto ogni giorno, finora 100.000 morti e feriti, al ritmo di dieci persone all’ora per oltre 100 giorni e tutti gli aspetti della vita civile distrutti, niente cibo, niente acqua. nessuna medicina, nessun rifugio, solo uccisioni. Questo è nella terra di Gesù Cristo. Non c’è niente di simile nella storia. L’ironia è che parlano di ostaggi che sono coloni nella nostra terra, compresa quella della mia famiglia. I veri ostaggi sono 2,3 milioni di palestinesi espulsi da 247 città e villaggi e tenuti in ostaggio nel campo di prigionia, chiamato Striscia di Gaza.
La resilienza dei palestinesi a Gaza e il sostegno nelle strade delle città di tutto il mondo sono un segno di speranza. Vinceremo. Siamo sopravvissuti per 4000 anni. Tutti i criminali finiranno nella pattumiera della storia. In solidarietà.”

Note

(1) Libro “Apartheid in Palestina” di Gabriel Traetta – capitolo 2 “L’UNRWA e lo status di rifugiato palestinese –

(2) Sito: https://www.UNRWA.org/where-we-work/lebanon

(3) Sito: https://www.assopacepalestina.org/2022/11/15/risolvere-la-crisi-finanziaria-dellUNRWA-e-possibile-con-un-cambiamento-fondamentale-di-approccio-e-di-visione/)

(4) Sito: https://alkemianews.it/2019/01/09/la-memoria-dentro-i-campi-palestinesi-in-libano-iv-parte/

(5)Sito:http://www.alkemia.com/MedioOriente/UnatestimonianzadirettadaGaza5parte/tabid/1460/Default.aspx

(6) https://www.amnesty.it/apartheid-israeliano-contro-i-palestinesi-lo-dice-anche-il-relatore-speciale-ONU-sul-diritto-a-un-alloggio-adeguato/

(7) https://rproject.it/2024/02/la-guerra-genocida-di-israele-dopo-quattro-mesi/

(8) sito : https://www.amiciziaitalo-palestinese.org/index.php?option=com_content&view=article&id=7683:israele-si-e-sottratto-alle-proprie-responsabilita-per-decenni-la-corte-internazionale-di-giustizia-sta-scalfendo-la-sua-corazza&catid=26&Itemid=76

(9) link: https://alkemianews.it/2024/02/01/la-icj-non-si-prONUncia-per-il-cessate-il-fuoco-a-gaza/

(10) https://www.wired.it/article/UNRWA-gaza-israele-finanziamenti/

(12) https://www.anbamed.it/2024/02/14/anbamed1295-14-febbraio-24/

(13) https://www.youtube.com/watch?v=IaYHChQLrzg