DONNA, VITA, LIBERTÀ

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E’ Mirca Garuti (1) che con il titolo alla sua mostra fotografica, Donna, Vita, Libertà, richiama a quei luoghi della terra in cui, quelle parole, sono diventate uno slogan internazionale di ribellione alla sottomissione del patriarcato e rivendicazione di libertà democratica. Luoghi dove l’intreccio fra autodeterminazione, indipendenza e dominio politico si fa più esplicito e violento che altrove.

Uno di questi luoghi è Sinjar, una regione montuosa che svetta sulla Piana di Ninive alle estremità nord-occidentali dell’Iraq, teatro di un genocidio (riconosciuto dall’ONU) che verrebbe da definire “dimenticato”, non fosse che è praticamente ancora in corso nel silenzio assordante della comunità internazionale. Di quegli sfollati, la metà non sono ancora tornati: 250mila si dividono tra i campi profughi, troppo spaventati per tornare o senza una porta di casa da riaprire, e tra la diaspora in Germania.

Moltissime donne non sono ancora state trovate, almeno 1.117 delle 6mila rapite nell’agosto 2014 e rese schiave, vendute al mercato di Mosul, passate di mano in mano, stuprate innumerevoli volte. In quei luoghi la vita ha resistito, anche attraverso la costruzione di scuole, municipalità, associazioni di donne, centri sanitari nei villaggi e unità di difesa maschili e femminili.

Un altro luogo è il Campo profughi curdo di Makhmour (2) in pieno deserto del Kurdistan iracheno (Bashur). Un campo abitato da circa 13mila curdi fuggiti a piedi dalla Turchia nel 1993, quando, per combattere il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), l’esercito turco aveva iniziato ad evacuare tutti i villaggi di confine abitati da contadini e pastori, accusati di aiutare i guerriglieri del PKK.

Hanno attraversato le montagne che separano la Turchia dall’Iraq, inseguiti e bombardati dagli elicotteri turchi e affrontati scontri con i Peshemerga di Barzani (Capo del Partito Democratico del Kurdistan – PDK). Nel 1998, infine, gli è stato concesso un luogo dove poter stanziarsi ed essere riconosciuti come profughi dall’ONU.

Hanno così ricominciato a vivere, piantando alberi, dissodando terreni, aprendo scuole e cooperative. Oggi, Makhmour è una comunità autogestita, caratterizzata da una forte democrazia dal basso e di genere, costruita secondo i principi del Confederalismo Democratico.
Per questo lo vogliono cancellare. Makhmour si trova sotto totale embargo dal 2019.

Makhmour è il cuore dell’esilio del popolo curdo, è il popolo in cammino verso la sua liberazione, è l’esodo in un deserto da dove, prima o poi, si giungerà alla terra non promessa, ma voluta e conquistata, ed infine, è la testimonianza della volontà di vita degli uomini.

Il Newroz, capodanno curdo, è una festa all’inizio di ogni primavera, dal 21 al 23 marzo, che unisce migliaia di persone in Kurdistan, in Turchia, in Iran e anche in Europa, al grido Newroz (3) ovunque, libertà in ogni momento”.

Una festa proibita, spesso contrastata, specialmente in molte grandi città della Turchia, come Diyarbakir, Van, Mardin, dalle forze di polizia turca con cariche di lacrimogeni e cannoni ad acqua, per impedirne l’accesso.

Nasce da una leggenda che narra della ribellione contro un re dispotico e sanguinario. Per comunicare la vittoria alla popolazione curda sparsa tra le montagne, vennero accesi dei fuochi in segno di gioia. Il fuoco è considerato quindi un simbolo di trionfo e di Resistenza.

Durante il Newroz, le curde ed i curdi indossano i loro abiti tradizionali e festeggiano con allegre danze e canti popolari, accendendo i fuochi.

Le foto raccontano i viaggi (ultimo a maggio 2023) della delegazione in Turchia e in Iraq – Kurdistan Bakur – (Shingal e Makhmour)

Inaugurazione della mostra fotografica
sabato 8 marzo 2025, ore 18:30

Esposizione:
dal 8 – 16 marzo 2025

presso:
Sala “Peppino Impastato” – Biblioteca Gino Baratta – Corso Garibaldi, 88 – Mantova

Con il patrocino del Comune di Mantova
Biblioteca Gino Baratta, Servizi Bibliotecari Comune di Mantova

Un progetto di Alkemia News, Rete Kurdistan Mantova, La Papessa

INGRESSO LIBERO
Orari di apertura:
Sabato dalle 9:00–12:00 e dalle 14:30 – 19:30
Domenica 9:00–13:00
La mostra sarà aperta anche durante la settimana in concomitanza con gli eventi della Biblioteca nella sala.

Rete Kurdistan Mantova (4) (kurdish-mn@inventati.org) si colloca nell’ambito di rete Kurdistan Italia, un insieme informale di associazioni, soggetti politico-culturali, singole personalità (attivisti, giornalisti, avvocati, sindacalisti, ecc) che nella Rete si riconoscono in obiettivi comuni: dal sostegno a progetti di solidarietà con le popolazioni kurde, alla sensibilizzazione delle comunità locali sulla realtà di questo popolo, scarsamente conosciuta, e spesso dimenticata dai media nazionali e internazionali. 

La Rete Italiana di solidarietà con il popolo kurdo sviluppa progetti di cooperazione decentrata in collaborazione con gli enti locali e la società civile kurda.

Perchè il Kurdistan: perché riconosciamo questo popolo come tale, avente una cultura millenaria che si traduce in un idioma nazionale e in tradizioni legate ad essa e tramandate da generazione in generazione; un popolo che è sempre stato vittima di un imperialismo sfrenato che tutt’oggi tenta ogni strada per provare a cancellare le proprie tracce, tramite migrazioni coatte, sostituzioni etniche, genocidi e guerre civili; un popolo che nel confederalismo democratico ci offre una rivoluzionaria risposta alla crisi che la società moderna vive, ampliata dall’inneggiare degli estremismi nazionalisti e da un capitalismo che polarizza ricchezza e benessere.

Perché una Rete: i nodi che la tengono insieme rappresentano legami, legami di solidarietà e vicinanza, legami che non ci fanno girare dall’altra parte di fronte alle ingiustizie e alle violazioni dei diritti umani, legami che vogliono alzare la voce là dove ci vorrebbero in silenzio.

L’associazione La Papessa (5) si occupa della produzione fotografica femminile nel suo lungo percorso, dalle origini del mezzo alla scena contemporanea, attraverso attività educative e informative aperte sia al grande pubblico che a professioniste/i del settore. Dagli albori di questa disciplina, le donne sono state attrici chiave nel trasformarne il linguaggio, diventando pioniere del mezzo.

La fotografia non sarebbe la stessa ora, senza l’apporto di queste donne che spesso hanno dovuto sfidare ostacoli e pregiudizi nel loro percorso. Nella scena contemporanea tantissime sono le artiste che continuano a fare della fotografia il proprio lavoro, contribuendo alla creazione e trasformazione dell’immaginario collettivo.

L’obiettivo dell’associazione è di esserne portavoce, per questo ha creato e promosso un evento internazionale volto a mostrare il lavoro di fotografe professioniste contemporanee: la prima Biennale della Fotografia Femminile. Con la direzione artistica di Alessia Locatelli, la Biennale porta a Mantova dal 2020, mostre, talk, letture di portfolio e workshop.
https://www.facebook.com/associazionelapapessa/
info@lapapessa.org