IL POPOLO CURDO AL FESTIVAL ANTIFASCISTA DI CARPI

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Il popolo curdo, il 25 agosto, è stato protagonista al Festival ad “Alta intensità antifascista” di Carpi. Una serata speciale dove il pubblico ha potuto non solo ascoltare la relazione di Mirca Garuti, la nostra resp. Medio Oriente ma anche assistere allo spettacolo “Io vado madre”, opera teatrale del gruppo “Voci” di Faenza, proprio sul tema della lotta del popolo curdo ed in particolare delle sue donne.

Mirca Garuti, da poco rientrata dal Kurdistan iracheno, ha iniziato la sua relazione parlando ai numerosi presenti, del “sogno curdo infranto” il 24 luglio 1923 con il Trattato di Losanna che ne ha sancito il mancato riconoscimento, a livello internazionale, di poter essere uno Stato libero, autonomo e senza nessuna ingerenza da parte invece dei quattro paesi in cui sono stati costretti a vivere. Un inizio dettagliato che ci ha indotti a pubblicare integralmente la sua relazione.

ASCOLTA L’AUDIO DELLA SUA RELAZIONE 

La loro speranza era nata qualche anno prima, il 10 agosto 1920, con il Trattato di Sevres – spiega Mirca Garuti – trattato firmato dalle potenze alleate della 1° guerra mondiale e dall’Impero ottomano, che prevedeva tutele delle minoranze e la possibilità di ottenere l’indipendenza. Un trattato però mai applicato perché mai approvato dal Parlamento ottomano. Successivamente, con la vittoria della guerra d’indipendenza turca, i leader dello Stato turco, alcuni Stati europei e il Giappone, tornarono al tavolo e firmarono il Trattato di Losanna, decidendo così il destino del Kurdistan che fu diviso in 4 stati diversi (Siria, Turchia, Iran e Iraq). Decisione presa, senza mai ascoltare il popolo curdo”.

Sono, quindi, 100 anni che questo popolo lotta e resiste nelle quattro parti del Kurdistan per difendere la propria terra ed identità contro questa frammentazione, per rivendicare democrazia e pace. Una popolazione costretta a vivere entro i confini di altri stati, subendo attacchi quotidiani, case distrutte, bombardamenti, gas mortali, prigioni e torture.

Per questo motivo, a Losanna il 23 luglio scorso, alla conclusione di una conferenza di due giorni, è stato presentato il documento, “dichiarazione finale di condanna del trattato” (1). La richieste principali, la cancellazione del trattato; il riconoscimento dello Stato del Kurdistan ottenuto attraverso l’unione degli attuali 4 territori in cui la popolazione curda vive e la tutela delle minoranze non musulmane. In particolare quello yazida”.

E’ grazie ai viaggi effettuati in Turchia e Iraq, con l’Associazione Verso il Kurdistan di Alessandria, un’associazione nata più di 20 anni fa, che possiamo raccontare questa situazione. I viaggi, sempre organizzati da Uiki (Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia), hanno la finalità di far conoscere la realtà in cui vive il popolo curdo, contribuendo in contemporanea alla realizzazione di progetti attivi in quel territorio.

Dopo due anni sono riusciti a ritornare in Iraq con il medesimo obiettivo del 2021: raggiungere Shengal (2) e Makhmour (3). Per il primo sono riusciti nel loro intento pur superando numerose difficoltà, mentre per il secondo obiettivo il loro sogno si è spezzato a 20 km dalla meta a causa di un veto imposto dal governo iracheno, con il contributo di quello turco e di quello regionale del clan Barzani.

Compartecipi di quel viaggio a Shengal del 2021, la giornalista Chiara Cruciati del Il Manifesto e il fumettista ZeroCalcare. Il risultato di questa esperienza è stato, oltre al nostro reportage qui pubblicato, la pubblicazione del libro “La Montagna sola” di Chiara Cruciati e Rojbin Beritan e il libro fumetto No Sleep til Shengal” di ZeroCalcare. (4)

Nel viaggio 2023, siamo partiti da Baghdad, anziché da Erbil. Arrivati a Baghdad, siamo stati accompagnati in auto dal vice Presidente Azad del Partito Pade, partito ezida della libertà e della democrazia, fino al villaggio di Khanasor, alla Casa degli Ospiti(5), gestita dall’Autonomia di Shengal, dove eravamo attesi. Le prime difficoltà arrivano subito. L’intelligence irachena vuole un nostro video girato al momento, su richiesta dell’ambasciata italiana di Baghdad – richiesta confermata poi falsa dall’Ambasciata italiana di Baghdad – e la nostra partenza il giorno successivo per Baghdad.
La mattina seguente ripartiamo per Baghdad ma con l’obiettivo di raggiungere l’ambasciata italiana per avere una risposta ufficiale. L’intervento del Pade, il partito ezida della libertà e della democrazia, ha poi consentito alla delegazione, poco prima di Mosul, di poter tornare a Shengal ma con l’obbligo di inviare ogni tre ore le nostre fotografie o video all’intelligence irachena”

Il rapporto Turchia-Iraq è abbastanza chiaro, e questo episodio ne conferma la sua pericolosità. Anche la testata giornalistica Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo, ne specifica la cosa, il venerdì 25 agosto scorso:

Due attacchi turchi con droni hanno provocato l’uccisione 7 militanti del PKK in Kurdistan iracheno nei pressi di Erbil, in una località al confine con l’Iran. L’attacco viene in contemporanea con la visita ad Erbil del ministro degli esteri di Ankara, Fidan, al presidente ed al premier curdi iracheni, i fratelli Barzani. Fidan ha visitato ieri l’altro Baghdad e da lì aveva annunciato il ricatto sottile di liberare maggiori quantità di acque dell’Eufrate, in cambio dell’avvio di un’offensiva dell’esercito iracheno contro i combattenti PKK presenti sul territorio iracheno. I governi di Baghdad e Erbil sono conniventi con la presenza delle truppe turche in territorio iracheno, una violazione palese della sovranità del paese, malgrado le ripetute condanne a parole dichiarate dopo ogni aggressione compiuta dall’esercito di Ankara in Iraq.”

“In questo viaggio abbiamo avuto da parte di tutti quelli che abbiamo incontrato, una richiesta, una richiesta chiara e precisa da consegnare al Parlamento italiano: il riconoscimento del massacro del 3 agosto 2014, da parte dell’Isis, come Genocidio nei confronti del popolo yazida, come già fatto dalle Nazioni Unite, dal Parlamento Europeo e di quello di Germania, Armenia, Australia, Scozia e Regno Unito. Da qui il nostro appello da sottoscrivere (6)

Insieme ai curdi del clan di Barzani ad essere pericolosamente ambigui, celando il loro reale rapporto con il governo turco, c’è anche l’Unione Europea.

L’Unione Europea – enuncia Garuti con il comunicato stampa del 3 agosto scorso, ha dimostrato tutta la sua ambiguità. Ha espresso, infatti, il suo inequivocabile sostegno, alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Iraq, nel pieno rispetto della sua diversità etnica e religiosa. Ha detto di riconoscere l’impegno del nuovo governo iracheno a proteggere e migliorare la situazione delle persone appartenenti a comunità vulnerabili nel paese, compresi gli yazidi. Peccato che poi contemporaneamente inviti il governo iracheno e il governo regionale del Kurdistan a procedere con l’attuazione dell’accordo di Sinjar, che prevede la nomina per imposizione di un sindaco compiacente per Sinjar. il che aprirà la strada alle altre disposizioni dell’accordo, compreso il ripristino dei servizi pubblici di base a Sinjar. L’intesa prevede infatti lo smantellamento dell’Amministrazione autonoma a favore del ripristino della piena autorità dello Stato Iracheno compreso il disarmo delle forze di autodifesa e la loro integrazione nell’esercito iracheno, nella polizia federale e nei peshmerga. Un’area che, dalla cacciata dell’ISIS, da anni era riuscita in realtà a mettere in pratica il Confederalismo Democratico, come unica e reale forma di autonomia amministrativa e politica regionale.
Un altro esempio sta nell’incoraggiamento che l’Unione Europea volge a tutte le parti per agire in cooperazione con le Nazioni Unite e la comunità internazionale. Peccato però che proprio le Nazioni Unite – prosegue Mirca Garuti – per nascondere l’intento di eliminare la volontà politica ezida, propone di trasformare le Assemblee del popolo e le altre istituzioni dell’Autonomia, in associazioni tipo Ong, senza nessun potere decisionale ed esecutivo. Nel tentativo di implementare questo accordo con la forza, il 2 maggio 2022, per esempio, l’esercito iracheno ha attaccato Şhengal con l’ausilio di artiglieria e carri armati. E’ infatti, il susseguirsi di queste violenze che ha dato inizio alla diaspora della comunità verso l’Europa, in particolare in Germania, dove ancora oggi si trovano circa 165.000 ezidi. Diaspora che mette in pericolo la loro cultura e tradizione”.

Una politica estera europea assai contraddittoria e in contrasto con un apparente sostegno ai diritti e alla protezione della comunità yazida, e agli sforzi internazionali volti a promuovere l’assunzione di responsabilità per le atrocità commesse da Da’esh nei suoi confronti. In quest’ottica, l’UE resta il principale donatore della squadra investigativa delle Nazioni Unite per la promozione dell’assunzione di responsabilità per i reati commessi da Da’esh. E non a caso, però la Turchia è accettata e aderisce a questa dichiarazione.

Tutto questo ha un solo significato: basta con il Confederalismo Democratico, basta con l’autonomia, basta con la propria libertà. Promettono pace e benessere, affinché siano di nuovo sottomessi allo Stato e soprattutto ad un sistema economico capitalista”.

La resistenza di Shengal è stata ed è volutamente così occultata proprio perché può essere un’ispirazione per altri popoli non solo di quell’area. E non a caso, queste azioni sono finalizzate a ripristinare l’organizzazione politica presente nel 2014. Come se nulla fosse successo.

Con un atto d’imperio colonialista la comunità internazionale ha sempre dipinto la società yazida solo come “popolo vittima” e senza capacità di poter gestire e decidere il proprio percorso politico. Per questo le Nazioni Unite ed altre organizzazione dei diritti umani, gli offrivano solo una semplice solidarietà e niente di più”.

Purtroppo Shengal e Makhmour si trovano entrambe ad un centinaio di chilometri dal confine turco ed è questo il motivo per cui Erdogan, per eliminare il PKK, attacca spesso queste località, nonostante siano situate sul territorio iracheno.

Attacchi condotti sia attraverso l’uso di droni ma anche attraverso la firma di accordi che mirano ad esercitare pressione sulle due principali autorità irachene, anch’esse con il medesimo interesse. Ovvero contenere l’espansione del Confederalismo Democratico.

ll mondo, di fronte a tutto quello che sta succedendo, – conclude la nostra inviata – non può pensare di dimostrare la sua sensibilità e desiderio di giustizia, consegnando solo il Premio Nobel per la pace alla ragazza yazida Nadia Murad, sopravvissuta al genocidio del suo popolo e scrittrice del libro “L’ultima ragazza”. Troppo facile nascondere le proprie responsabilità e pulirsi le coscienze in questo modo”.

L’argomento non è concluso, al contrario è li a ricordarci che, proprio per questo, non possiamo lasciar perdere e dobbiamo continuare a raccontare, quello che sta e continua ad avvenire in quei territori. Anche con il solo scopo di mantenere viva questa battaglia per la Democrazia e contro l’immenso silenzio della comunità internazionale.

Link:
(1) http://uikionlus.org/dichiarazione-finale-della-conferenza-di-losanna/

(2) http://alkemianews.it/index.php/2023/07/16/il-popolo-ezida/

(3) http://alkemianews.it/index.php/2018/12/18/il-campo-profughi-di-makhmour-kurdistan-bashur-1-parte/

(4) http://alkemianews.it/index.php/2021/06/13/shengal/

(5) http://alkemianews.it/index.php/2023/07/16/a-shengal-tra-il-popolo-ezida/

(6) http://alkemianews.it/index.php/2023/07/16/appello-per-il-riconoscimento-del-genocidio-ezida-del-2014/