È con “Free Gaza!”, urlato in coro a Modena da tanti giovani, sindacalizzati, liberi cittadini e militanti di associazioni sociali, che il corteo, sotto una pioggia incalzante, avanza lungo le vie che circondano il centro della città.
Un giorno non scelto a caso: quello dell’anniversario della nascita della Repubblica, fatto storico citato più volte anche negli interventi che lungo il percorso o a fine corteo, si sono susseguiti difronte al popolo mobilitato per la Palestina.
La mobilitazione regionale, indetta a Modena in difesa di Gaza e per il diritto dei palestinesi, non si è limitata a sfilare ma a riempire di contenuti politici chiari, le vie della città.
Vedi reportage fotografico di Mirca Garuti
Diversi interventi hanno ricordato le speranze di libertà, riposte nella neonata Repubblica, di un popolo in rivolta contro la dittatura fascista. Un desiderio, non solo per quei ragazzi, che non si è mai avverato e che ha trasformato sempre più questo paese, in una colonia controllata dallo Stato americano e soprattutto, il loro punto focale strategico-militare e nucleare in Europa.
Analisi, riflessioni e messaggi che abbiamo deciso di testimoniare in questo video/reportage.
QUESTO CORTEO NON NASCE DAL NULLA
Oltre alla mobilitazione di diverse realtà cittadine, raccolte sotto la sigla “Modena per la Palestina”, è dall’inizio del genocidio israeliano, che si è attivato ogni fine settimana in centro a Modena, un presidio permanente (1).
Qui un gruppo di militanti e volontari del diritto umano si mobilitano per rendere consapevoli i cittadini, in barba all’oscurantismo informativo attuato, su quello che accade.
Oltre a evidenziare il dolore inferto alla popolazione civile di Gaza, con esplicite fotografie distese sul selciato della via Emilia, vengono distribuiti ogni giorno anche 300 copie di un bollettino quotidianamente aggiornato dall’agenzia ANBAMED(2), su quanto sta accadendo non solo a quelle donne e bambini.
Un gruppo di lavoro che è cresciuto in questi mesi e che ha certamente contribuito, con la loro perseveranza, ad aumentare il numero dei cittadini che hanno deciso di partecipare ai sempre più crescenti cortei che, in questi ultimi mesi, si sono susseguiti in questa città.
IL FILO CONDUTTORE DELLE MOBILITAZIONI
Molteplici le motivazioni che hanno condotto a questa mobilitazione. Tutte strettamente legate tra loro da un unico filo conduttore:
“Stop al genocidio in atto a Gaza, aiuto subito alla popolazione colpita e stop al regime di apartheid applicato al popolo palestinese e al dominio e continua espansione coloniale d’Israele in Palestina”.
Forte il messaggio urlato e rivolto al Governo Meloni ed occidentali perché:
“E’ fondamentale, se non si vuole essere complici, non assistere in silenzio all’ingiustizia perpetrata nei confronti del popolo palestinese, denunciare il genocidio in atto ed esprimere la nostra solidarietà al movimento di resistenza palestinese”.
Non sono mancati i riferimenti agli interessi economici che sono alla base del sostegno a questo genocidio coloniale a cui:
“Non intendiamo assistere passivamente. E’ fondamentale denunciare il business delle armi tra Italia ed Israele e dichiararsi contro l’accordo militare Italia-Israele e pretendere il recesso di tale accordo”.
Un azione di rivendicazione che non ha dimenticato il “dare sostegno alle mobilitazioni studentesche in atto oggi nel nostro paese e sostenere tutte le azioni promosse dal BDS”(3).
Un azione quest’ultima, che è ben specificata nella sua stessa sigla:
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Boicottaggio – prevede il ritiro del sostegno al regime di apartheid israeliana;
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Disinvestimento – le campagne sollecitano a ritirare gli investimenti dallo stato di Israele e da tutte le aziende israeliane e internazionali che sostengono l’apartheid israeliana;
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Sanzioni – fanno pressione sui governi affinché adempiano ai loro obblighi legali di porre fine all’apartheid israeliana.
E’ ormai impossibile nascondere le politiche sioniste dei Governi d’Israele che mirano a schiacciare, giorno dopo giorno, la popolazione palestinese con un regime di apartheid (4), la deruba di case, dignità, libertà (5), strappa pezzi di terra, sradica alberi, occupa città.
I COLONI DA ANNI OCCUPANO SEMPRE PIU’ TERRENI
Arrivano prima con le tende, poi con i caravan, che diventano costruzioni, si trasformano in insediamenti ed infine in città illegali per il diritto internazionale.
I PROFUGHI PALESTINESI NEL MONDO
Circa 6milioni di rifugiati palestinesi vivono in campi profughi in Gaza, Cisgiordania, Gerusalemme est, Siria, Libano (6), Giordania.
LE VITTIME AD OGGI DEL GENOCIDIO DI GAZA
Nei sei mesi trascorsi dagli attacchi del 7 ottobre, secondo i dati di Ocha e del Ministero della Sanità di Gaza:
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13.800 minori sono stati uccisi e 113 in Cisgiordania,
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12.000 bambini sono stati feriti a Gaza e almeno 725 in Cisgiordania.
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1.000 bambini sono state amputate una o entrambe le gambe
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30 dei 36 ospedali sono stati bombardati, lasciandone solo 10 parzialmente funzionanti.
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90% degli edifici scolastici è stato distrutto e circa 260 insegnanti sono stati uccisi.
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70% di abitazioni danneggiate o distrutte.
UCCIDERE L’INFORMAZIONE OBIETTIVO PRIMARIO PER NASCONDERE LA VERITA’
Secondo i dati diffusi da Reporter Senza Frontiere, che controlla le violazioni commesse nel mondo contro operatori e operatrici dell’informazione, dal 7 ottobre a Gaza sono stati/e uccisi/e almeno 105 giornalisti e giornaliste nell’esercizio del loro mestiere.
Secondo fonti locali palestinesi, il numero sarebbe però ancora più alto, considerando le migliaia di persone rimaste ancora sotto le macerie o disperse: si toccherebbe la cifra di 130 giornalisti e giornaliste uccise dall’inizio dell’offensiva militare israeliana, pari al 75% di tutti gli operatori che hanno perso la vita nell’intero 2023.
UCCIDERE GLI OPERATORI UMANITARI PER IMPEDIRE L’ARRIVO DEGLI AIUTI
La mannaia del conflitto e della vendetta israeliana non ha risparmiato anche gli operatori dell’Unrwa. Ammonta, infatti, alla data del 26 maggio scorso dall’inizio delle ostilità, a 192 operatori uccisi dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente.
UN QUADRO DESOLANTE
Nonostante tutto questo sembri inarrestabile, mai come oggi il livello di inconciliabilità e isolamento di Israele è stato così alto. Al contrario, invece, delle crescenti mobilitazioni di contrasto ad Israele che i popoli in tutto il mondo stanno attuando. Dentro e fuori le università, dentro e fuori i consessi istituzionali, ancora bendati e sordi difronte alle urla strazianti del popolo palestinese.
La nostra speranza è che questa consapevolezza, ormai acquisita dalla maggior parte della popolazione mondiale e da alcuni Stati che stanno procedendo al riconoscimento dello Stato di Palestina, diventi arricchimento e parte integrante di una nuova cultura.
Un nuovo pensiero che affondi le sue radici a partire dalla “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani” (7) e che si ponga seriamente l’obiettivo di contrastare il crescente malessere sociale, segregazionismo, concentrazione della ricchezza e violenza fisica ed isolazionista, che le forze politiche di destra neofasciste, stanno sempre più vendendo ai nostri popoli come soluzione alla possibile rinascita delle Nazioni e Stati, governate dal liberismo e dal profitto come principale fonte di vita sociale.